WEBB: LUCI INTORNO A SAGITTARIUS A*

Webb luci intorno a Sagittarius A*
Concept artistico che illustra come la gravità di Sagittarius A deformi la luce, creando un effetto avvolgente.

Il telescopio spaziale della NASA ha rilevato brillamenti luminosi e sfarfallii più deboli provenienti dal buco nero supermassiccio al centro della Via Lattea.

Un team di astrofisici guidato dalla Northwestern University ha ottenuto l’osservazione più lunga e dettagliata mai realizzata della regione centrale della nostra galassia.

La ricerca ha rivelato che il disco vorticoso di gas e polveri (detto disco di accrescimento) che orbita attorno al buco nero supermassiccio centrale, noto come Sagittarius A*, emetta un flusso costante di brillamenti senza interruzioni.

Il fenomeno è enigmatico e spettacolare. Alcuni brillamenti sono esplosioni di luce estremamente intense che si verificano quotidianamente, altri appaiono come tenui bagliori di pochi secondi. Inoltre, si notano fluttuazioni ancora più deboli che persistono per mesi. L’attività si manifesta su una vasta gamma di scale temporali, da brevi intervalli a lunghe durate.

Farhad Yusef-Zadeh professore di fisica ed astronomia

Il gruppo di lavoro è coordinato da Farhad Yusef-Zadeh, professore di fisica ed astronomia della Northwestern University ed esperto del centro galattico della Via Lattea che negli anni ’80 aveva scoperto filamenti giganti orientati verticalmente vicino a Sgr A*. In seguito, nel 2023, ha individuato una nuova popolazione di filamenti più corti, disposti orizzontalmente o radialmente che si estendono come i raggi di una ruota dal buco nero centrale.

Lo scienziato ha spiegato come i brillamenti siano attesi in quasi tutti i buchi neri supermassicci, ma Sgr A* è costantemente attivo e non sembra mai raggiungere uno stato di equilibrio rivelando sempre qualcosa nelle indagini condotte tra il 2023 e il 2024.

Strumentazioni

L’équipe si è servita del telescopio spaziale James Webb della NASA (JWST) sfruttando le caratteristiche della Near-Infrared Camera (NIRCam) che può osservare simultaneamente due lunghezze d’onda nell’infrarosso (2,1 e 4,8 micrometri) per lunghi periodi.

JWST Near Infrared Camera

Le lunghezze d’onda scelte (2,1 e 4,8 μm) rientrano rispettivamente nei canali corto e lungo della NIRCam. La radiazione a 2,1 μm è sensibile all’emissione termica e a processi di scattering della luce da parte della polvere, mentre quella a 4,8 μm è più influenzata dall’emissione termica di gas e polveri caldi, permettendo di tracciare le variazioni energetiche del disco di accrescimento.

Lunghezze d'onda NIRCam

Gli studiosi si sono stupiti registrando per la prima volta un ritardo temporale in cui le variazioni a lunghezze d’onda più lunghe seguono quelle più corte con un intervallo di pochi secondi, fino a circa 40 secondi.

Una possibile spiegazione è che le particelle perdano energia nel corso del brillamento, con una dissipazione più rapida alle lunghezze d’onda più corte rispetto a quelle più lunghe.

Con l’intento di seguirne i cambiamenti, i ricercatori hanno monitorato Sagittarius A* per un totale di 48 ore, suddivise in sessioni da 8 a 10 ore distribuite nell’arco di un anno.

Particolarità

Yusef-Zadeh ha riportato che i dati mostrano una luminosità in continua evoluzione, con variazioni irregolari ed improvvise esplosioni di luce. Successivamente tutto torna a calmarsi. Gli astrofisici non sono riusciti a identificare un modello ricorrente nell’attività. Ogni volta, Sgr A* ha comportamenti differenti.

Sebbene i meccanismi precisi alla base di questi fenomeni non siano ancora completamente compresi, Yusef-Zadeh ipotizza che due distinti processi siano responsabili dei brillamenti più brevi e di quelli più lunghi. Se il disco di accrescimento fosse un fiume, i brillamenti deboli e di breve durata sarebbero come piccole increspature sulla superficie dell’acqua, mentre i brillamenti più lunghi e intensi sarebbero come onde di marea causate da eventi significativi.

L’accademico pensa che i brillamenti più deboli possano essere generati da fluttuazioni turbolente nel disco che comprimono il plasma, gas ionizzato ad alta temperatura, provocando un’emissione temporanea di radiazione. Il fenomeno è paragonabile a quello che avviene con il campo magnetico solare che si accumula, si comprime e poi erompe in un brillamento solare, con la differenza che i processi sono più estremi nell’ambiente intorno a un buco nero, maggiormente energetico e violento.

Yusef-Zadeh attribuisce invece i brillamenti più intensi a eventi di riconnessione magnetica in cui due campi magnetici entrano in collisione, rilasciando energia sotto forma di particelle accelerate. Viaggiando a velocità prossime a quella della luce, queste particelle emettono brillamenti luminosi.

Per approfondire l’analisi, Yusef-Zadeh spera di utilizzare il JWST per un periodo più lungo e senza interruzioni, possibilmente per 24 ore consecutive.

Le nuove scoperte potrebbero aiutare i fisici a comprendere meglio la natura fondamentale dei buchi neri ed il loro rapporto con l’ambiente circostante, oltre che le dinamiche e l’evoluzione della nostra galassia.

Lo studio è stato pubblicato il 18 febbraio 2025 su The Astrophysical Journal Letters. Il team internazionale di coautori include Howard Bushouse dello Space Telescope Science Institute, Richard G. Arendt della NASA, Mark Wardle della Macquarie University in Australia, Joseph Michail dell’Harvard & Smithsonian e Claire Chandler del National Radio Astronomy Observatory.

 

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Immagine artistica: NASA, ESA, CSA, Ralf Crawford (STScI)

Foto:  Lockheed Martin – NASA – Northwestern University

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