Il modello cosmologico standard ΛCDM rimane valido rispetto alle alternative, ma perdura incertezza sul valore della costante di Hubble.
Esistono varie pubblicazioni riguardanti la cosiddetta “tensione di Hubble“, un problema che emerge quando si misurano tassi diversi di espansione dell’universo (la costante di Hubble) usando metodi differenti.
Il dibattito si è intensificato dopo un recente studio di Wendy Freedman che ha impiegato il telescopio spaziale James Webb (JWST) suggerendo che la tensione potrebbe non essere così significativa come si pensava.
Ora, i ricercatori stanno utilizzando un metodo di misurazione indipendente per migliorare ulteriormente la precisione della costante di Hubble: le supernovae con lente gravitazionale.
L’impegno è aumentato dopo la scoperta, grazie a Webb, di tre punti di luce nella direzione di un lontano e denso ammasso di galassie PLCK G165.7+67.0, noto anche come G165.
Un’immagine catturata dalla NIRCam (Near-Infrared Camera) di JWST mostra, a sinistra, l’effetto lente gravitazionale che un ammasso in primo piano, a 3,6 miliardi di anni luce dalla Terra, può avere sull’universo lontano dietro di esso.
La regione ingrandita sulla destra si riferisce alla supernova H0pe, visualizzata tre volte e contrassegnata con cerchi bianchi tratteggiati, a causa del fenomeno della lente gravitazionale.
Il campo è stato selezionato per l’elevato tasso di formazione stellare, superiore a 300 masse solari all’anno, una caratteristica che si correla a maggiore presenze di supernovae. H0pe è una delle più distanti mai esaminate ed il nome ha un significato simbolico legato al contesto, richiamando la parola hope (speranza in inglese) e H0, come riferimento alla costante di Hubble (H₀).
Nell’immagine, il blu rappresenta la luce a 0,9, 1,15 e 1,5 micron (F090W + F115W + F150W), il verde a 2,0 e 2,77 micron (F200W + F277W) ed il rosso a 3,56, 4,1 e 4,44 micron (F356W + F410M + F444W).
Il valore della costante di Hubble misurato corrisponde ad altri rilevamenti nell’universo locale ed è in qualche modo in tensione con quanto ottenuto quando l’universo era giovane.
I dati degli studiosi non sono ancora stati sottoposti a revisione paritaria. Si spera che il 3° ciclo di osservazioni di JWST risolvano le incertezze.
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Immagini: NASA, ESA, CSA, STScI, B. Frye (University of Arizona), R. Windhorst (Arizona State University), S. Cohen (Arizona State University), J. D’Silva (University of Western Australia, Perth), A. Koekemoer (Space Telescope Science Institute), J. Summers (Arizona State University).
Misurare l’universo, commettiamo errori nel piccolo, immagina nell’immenso.