Il Very Large Telescope dell’ESO ha trovato l’oggetto più luminoso dell’universo conosciuto.
I quasar sono nuclei di galassia attivi molto piccoli e potenti, uno stadio evolutivo primitivo alimentato da un gigantesco buco nero con attorno un disco di accrescimento di gas e stelle, in rapida rotazione, da cui la materia cade nel buco nero producendo une radiazione di enorme potenza. Questo tipo di oggetti è presente solo nell’universo lontano.
Come regola generale, i quasar più luminosi indicano buchi neri supermassicci con l’incremento più rapido.
Christian Wolf, dell’Università Nazionale Australiana (ANU), è il principale autore di una ricerca pubblicata il 19 febbraio su Nature Astronomy dedicata alla scoperta del buco nero con la crescita più veloce finora rilevata con una massa di 17 miliardi di volte quella del nostro Sole, in grado di aumentare dell’equivalente di un Sole al giorno.
Il quasar, chiamato J0529-4351, è talmente lontano dalla Terra che la sua luce ha impiegato oltre 12 miliardi di anni per raggiungerci.
La materia attirata emette così tanta energia che J0529-4351 è oltre 500 trilioni di volte più luminoso del Sole.
Samuel Lai, dottorando all’ANU e coautore dell’articolo, ha spiegato che tutta questa luce proviene da un disco di accrescimento caldo che misura sette anni luce di diametro, forse il maggiore dell’universo, pari a circa 15.000 volte la distanza dal Sole all’orbita di Nettuno.
Alcuni anni fa, la NASA e l’Agenzia Spaziale Europea riferirono che il telescopio spaziale Hubble aveva scoperto un quasar, J043947.08+163415.7, luminoso quanto 600 trilioni di Soli. Il valore era però amplificato da una galassia “lente” ed il dato effettivo si presume fosse di circa 11 trilioni di Soli (1 trilione è un milione di milioni: 1 000 000 000 000 o 1012).
Christopher Onken, astronomo dell’ANU, ha sottolineato come sia sorprendente che un oggetto da record, comparso nelle immagini della Schmidt Southern Sky Survey dell’ESO del 1980, fosse finora passato inosservato rispetto a fenomeni meno notevoli.
Come si riesce a fare identificazioni di questa importanza?
Gli studiosi hanno bisogno di dati precisi da vaste aree del cielo. Sovente sono usati modelli di apprendimento automatico (machine learning) addestrati su elementi esistenti e questo è un limite perché non si prendono in considerazione componenti al di fuori dei range acquisiti.
Un’analisi automatizzata dei dati del satellite Gaia dell’Agenzia spaziale europea ha escluso J0529-4351 perché troppo luminoso per essere un quasar, suggerendo l’ipotesi che fosse una stella.
L’anno scorso i ricercatori si sono serviti delle osservazioni del telescopio ANU da 2,3 metri di diametro, presso l’Osservatorio di Siding Spring in Australia, arrivando a classificare J0529-4351 come un quasar.
Lo spettrografo X-shooter, installato sul Very Large Telescope (VLT) dell’ESO nel deserto cileno di Atacama, ha fornito i dati cruciali, ma si attende con impazienza l’aggiornamento di GRAVITY+ sull’interferometro VLTI per misurare con accuratezza la massa dei buchi neri.
Senza dimenticare il completamento del telescopio di 39 metri di diametro, l’Extremely Large Telescope (ELT) dell’ESO, in costruzione sempre in Cile, capace d’individuare gli oggetti sfuggenti. Trovare e studiare i buchi neri supermassicci distanti potrebbe far luce su alcuni dei misteri dell’universo primordiale, tra cui l’evoluzione delle galassie, ma per un ricercatore come Wolf “la caccia” rimane il momento più divertente.
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Immagini/Grafica/Rappresentazione artistica: ESO/M. Kornmesser – ESO/Digitized Sky Survey 2/Dark Energy Survey
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