Osservata la prima coppia di stelle vicino al buco nero supermassiccio della nostra galassia.
Una scoperta senza precedenti ha rivelato una coppia di stelle binarie, designate come D9, in prossimità del buco nero supermassiccio Sagittarius A* (Sgr A*). Si tratta della prima osservazione di tale genere in una regione caratterizzata da forze gravitazionali estreme che normalmente rendono instabili tali configurazioni.
Gli scienziati hanno a lungo ipotizzato che l’ambiente ostacolasse la formazione di nuove stelle, ma un’équipe internazionale guidata da Florian Peißker, dell’Università di Colonia, ha smentito questa ipotesi, come riportato nello studio pubblicato su Nature Communications, il 17 dicembre 2024.
Per circa trent’anni si sono analizzate singole stelle nelle vicinanze del buco nero utilizzando la telescopia a infrarossi.
La regione centrale attorno al buco nero supermassiccio Sgr A* contiene milioni di stelle ed è divisa in varie sottoregioni, fra cui l’ammasso S con Sgr A*, in cui si riscontrano gli enigmatici oggetti G che si comportano come stelle, ma sembrano nubi di gas e polvere.
A causa dell’elevata densità di stelle, in teoria, dovrebbero esserci molte stelle binarie. Tuttavia, le cinque finora note si trovano in zone più distanti, mentre nessuna era ancora stata individuata in questo parsec interno.
I ricercatori hanno attribuito questo fenomeno alle forze gravitazionali. Le stelle nell’ammasso stellare S si muovono in orbite stabili attorno al buco nero, in modo simile alla Terra che orbita attorno al Sole, ma in condizioni limite dato che Sgr A* è quattro milioni di volte più pesante del nostro sole. Le stelle possono quindi raggiungere velocità di diverse migliaia di chilometri al secondo, fattore che rende l’ambiente sfavorevole ai sistemi stellari binari.
Gli astrofisici hanno scoperto D9 adottando un approccio differente rispetto al classico monitoraggio di alcune fonti di polvere nell’ammasso stellare S. Normalmente si sovrappongono e si sommano più osservazioni individuali, effettuate nel corso di un anno, per amplificare il segnale degli oggetti.
Peißker ha evidenziato come nessuno avesse mai preso in considerazione le fonti di polvere di ogni notte. I dati sono più rumorosi, ma comunque abbastanza buoni.
Si stima infatti che D9 abbia solo 2,7 milioni di anni e si spera che consenta di studiare i processi di formazione stellare in modo dettagliato grazie all’alta probabilità che l’intensa forza gravitazionale del buco nero la faccia fondere in un’unica stella, leggermente più pesante, prima di un milione di anni.
Questo risolverebbe un altro mistero relativo al fatto che le stelle nell’ammasso stellare S vicino al buco nero supermassiccio siano più giovani di quanto previsto da qualsiasi teoria. Si presume che alcune delle stelle giovani si siano formate da sistemi stellari binari precedentemente migrati dall’area del “parsec interno” al buco nero supermassiccio.
I dati ottenuti con lo strumento ERIS del VLT (Very Large Telescope), combinati con i dati di archivio dello spettrografo SINFONI, hanno rivelato variazioni ricorrenti nella velocità, indicando come fossero due stelle in orbita l’una attorno all’altra.
Emma Bordier, ricercatrice presso l’Università di Colonia ed ex studentessa all’ESO, ha spiegato come gli scienziati abbiano solo una breve finestra, nelle scale temporali cosmiche, per osservare un tale sistema binario.
Rimangono ancora molti misteri da decifrare, fra cui la natura di numerosi oggetti intorno a Sagittarius A* e la maniera in cui si sono costituiti.
L’aggiornamento di GRAVITY+ per l’interferometro VLTI, insieme a METIS (Mid-infrared ELT Imager and Spectrograph) dell’Extremely Large Telescope (ELT), attualmente in costruzione in Cile, potrebbe rivoluzionare lo studio del centro galattico grazie a osservazioni con maggiore dettaglio.
Lo studio è consultabile a questo link.
RIPRODUZIONE RISERVATA – © 2024 SHOWTECHIES – Quando la Tecnologia è spettacolo™ – E’ vietata la riproduzione e redistribuzione, anche parziale, dell’articolo senza autorizzazione scritta. Se desideri riprodurre i contenuti pubblicati, contattaci.Immagini: ESO/F. Peißker et al., S. Guisard
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