Al Salone di Padova si sono ammirate due regine d’eleganza ancora oggi protagoniste nei concorsi.
Touring Superleggera è un marchio sinonimo di ricerca e design con personalizzazioni dai tratti unici capaci di esaltare gli stilemi delle differenti case automobilistiche trasformandoli in creazioni molto ambite.
La Carrozzeria Touring fu fondata a Milano nel 1926 da Felice Bianchi Anderloni e Gaetano Ponzoni. Amici di vecchia data ed entrambi avvocati, i due abbandonarono la toga per il mondo delle automobili con idee innovative. La prima sede fu in via Ludovico da Breme 65, zona periferia nord del capoluogo lombardo, poco distante dal Portello dove era ubicata l’Alfa Romeo e dall’Isotta Fraschini che aveva la base in via Monterosa. All’epoca, le carrozzerie indipendenti erano favorite dall’abitudine delle grandi fabbriche di consegnare i telai “nudi” da rivestire secondo le indicazioni di facoltosi clienti.
Il motto della Touring riassumeva i problemi su cui concentrare l’attività di ricerca : “Il peso è il nemico, la resistenza dell’aria è l’ostacolo.”
I due amici si allontanarono dai metodi di costruzione tradizionali. Bianchi Anderloni approfittò della propria esperienza come pilota e delle conoscenze del reparto aeronautico interno per sperimentare diverse soluzioni, fino alla definizione del sistema Superleggera, intorno al 1935/36. La novità consisteva nel sostituire la struttura in legno della scocca con dei sottili tubi di acciaio al cromo-molibdeno ricoperti da pannelli in alluminio o altre leghe leggere. Il successo fu immediato tanto che la prima vettura su cui si adottò, un’Alfa Romeo 6C 2300B, vinse nella categoria Turismo Nazionale alle Mille Miglia.
Al recente Salone di Padova, lo stand del Registro Storico Touring Superleggera ospitava due splendide Alfa Romeo. Giovanni Bianchi Anderloni, nipote del fondatore e conservatore del Registro, ci ha raccontato curiosità legate alle due automobili ed alla storia dell’azienda di famiglia.
Che modelli avete scelto di esporre?
“La prima è un’Alfa Romeo 6C 2500 Super Sport “Villa d’Este” Superleggera, realizzata fra il 1949 – 1952. Ha un motore 6 cilindri in linea, 2443 cc per una potenza di 105 HP a 4800 giri/min. E’ stata costruita in soli 36 esemplari ed è il canto del cigno della 6C 2500 destinata ad uscire di produzione nel 1952. Nel 2018 si è aggiudicata il prestigioso titolo di “Best of Show” al Concorso d’Eleganza di Kyoto.
La seconda è un’Alfa Romeo 1900C Super Sprint II Serie Cabriolet (2+2), del 1957, motore 4 cilindri in linea, distribuzione a doppio albero a camme in testa, 1975 cc per una potenza di 115 Hp. Anche questa vettura è reduce da un’affermazione importante avendo guadagnato il titolo di “Best of Show” al IV Garda Classic Car Show 2018 di Bardolino del Garda.”
Quali caratteristiche hanno le due Alfa?
“Il design della “Villa d’Este” è considerato il passaggio del testimone da mio nonno Felice Bianchi Anderloni a mio padre Carlo Felice che ne continuò l’opera fino alla chiusura della Carrozzeria nel 1966.
L’altra è una vettura che potrebbe essere definita unica. Sappiamo che erano state preparate due serie di lamierati, ma non è certo che la seconda automobile sia stata terminata. Qualcuno sostiene che si trovi in America.
Per l’esemplare sopravvissuto si è sfruttato uno chassis di una 1900 Super Sprint Coupé, modello disegnato da Federico Formenti, allestita come cabriolet o convertibile con capote. Quando si discusse con Alfa Romeo, la Direzione Commerciale non deliberò la prosecuzione perché rese noto che stavano lavorando alla nuova 2000 di cui Touring avrebbe dovuto elaborare la Spyder mostrata al Salone di Torino, sempre nel 1957.
Il prototipo rimase da parte, ma mio padre mi disse che all’ultimo decisero di presentarla a Ginevra. La macchina giunse in ritardo, a manifestazione già iniziata e dovettero pagare una penale. Fu poi venduta ad un cliente di Roma. Con il tempo passò di mano 4 o 5 volte fino ad arrivare al noto collezionista Righini di Modena ed infine all’attuale proprietario che l’ha fatta restaurare in modo magnifico dandole un colore metallizzato con sfumature tra verde bottiglia e verde bandiera scuro, mentre in origine era blu.”
C’erano delle tonalità privilegiate?
“Mio padre quando compariva in pubblico, specialmente durante eventi esclusivi come il Concorso d’Eleganza di Villa d’Este, veniva contornato da una marea di gente che gli faceva domande. Una delle più comuni era sul colore delle vetture e lui diceva che le Touring potevano essere di qualsiasi colore.
C’erano degli schemi stabiliti dalle case che andavano seguiti anche per una questione di praticità, come nel caso di eventuali futuri ritocchi, ma spesso capitava che in carrozzeria arrivasse un cliente accompagnato da una bella donna e quando si discuteva della tinta, la signora si slacciava il foulard chiedendo quella sfumatura. A quel punto, si chiamava il tecnico della vernice che faceva delle prove e si ripresentava con campioni fra cui scegliere.
Per questa ragione, fino agli anni ’50, c’erano tantissime tinte che si standardizzarono su richiesta dei grandi marchi.”
Esiste la possibilità di risalire alle informazioni di produzione?
“Purtroppo no. Dopo la chiusura, a dicembre del ’66, lo stabilimento fu venduto ed i nuovi proprietari, ansiosi di occupare i locali verso la primavera dell’anno successivo, si misero a bruciare nel cortile documenti e disegni. Mio padre riuscì a salvare solo in parte dei figurini, molte foto e qualche disegno, ma la cosa grave è che furono distrutti dati d’immenso valore contenuti nei registri che riportavano tutte le vetture con: marca, numeri di telaio e motori, numero di Carrozzeria Touring, colore, tessuti interni, accessori. Fu un disastro.
Il movimento dell’automobilismo storico era agli inizi e le macchine erano per lo più considerate come dei vecchi pezzi di lamiera, ma si è uccisa la memoria storica di un’azienda che ha dato molto al Made in Italy con un’identità forte ed originale.”
A proposito di stile, suo nonno e suo padre condividevano la stessa filosofia?
“La maggior parte delle carrozzerie italiane che si sono fatte un nome nel mondo hanno avuto, a periodi, l’apporto stilistico e tecnico di progettisti esterni. Farina, Pininfarina, Bertone, Alemanno, Ghia hanno avuto i vari Michelotti, Gandini, Fioravanti, Tjaarda, mentre prima della guerra c’era stato Mario Revelli di Beaumont.
La Touring, dalla fondazione al 1966, ha avuto due persone: mio nonno avvocato e tecnico eccezionale e mio padre. All’interno della fabbrica però c’erano dei bravi disegnatori che interpretavano le loro idee. Le nuove macchine venivano create con delle sedute che duravano anche giorni o settimane, con il nonno o il papà su uno sgabello vicino al disegnatore che spiegavano cosa volevano.
Entrambi abbozzavano degli schizzi che venivano messi in bella nei figurini a colori fino a quando erano giudicati perfetti per essere proposti all’approvazione. Ad esempio, mio padre sottopose la Ferrari 166 Barchetta all’attenzione di Enzo Ferrari, ma ebbe molti clienti famosi. Lo stesso Lamborghini aveva avuto due Alfa Romeo Super Sprint prima e seconda serie per le quali aveva richiesto alcune modifiche estetiche con l’aggiunta di accessori oltre ad una variazione nella coda che mio padre non gli fece perché pensava fosse brutta, ma Lamborghini andò a farla eseguire a Modena da un carrozziere locale.”
Per lei, quest’unità d’intenti è stata utile in confronto alla concorrenza?
“Nelle Touring si vede una continuità peculiare rispetto ad altre realtà. Qualcuno mi ha detto che può essere stato un vantaggio, altri invece mi hanno argomentato che l’entrata di designer esterni avrebbe portato nuova linfa. Io preferisco l’evoluzione di una visione famigliare che ha contribuito a dare un’impronta riconoscibile.
Con un certo orgoglio, le dico che esistono diverse scopiazzature delle Touring, ma non è mai capitato l’inverso.”
Com’era arrivato suo nonno all’automobile?
“Era cresciuto nell’ambiente, correva in auto ed aveva vinto numerose corse, inoltre molti ignorano che aveva un legame famigliare con l’Isotta Fraschini dove era stato, oltre che alla Peugeot italiana, dal 1904 al 1926. Mio nonno aveva tre sorelle, di cui due, Maria e Dolinda, erano sposate con Cesare Isotta e Vincenzo Fraschini, mentre la terza, Carla, era sposata con Antonio fratello di Vincenzo. Una casualità veramente insolita.
Mio nonno fu anche molto amico di Battista Farina (Pininfarina), di Zagato e Bertone. E’ stata un’epoca di grande sviluppo per il design italiano. Ed ancor oggi ci sono appassionati e collezionisti che apprezzano l’ingegnosità coniugata a linee immortali, come recitava un altro slogan legato alle Touring.”
RIPRODUZIONE RISERVATA – © SHOWTECHIES Simona Braga
Documentazione ed immagini storiche: Archivio Famiglia Bianchi Anderloni
Fotografie: Marco Zanovello – Vietata la riproduzione senza autorizzazione scritta.
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