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Un film massimalista, materico e maniacale, realizzato unendo tecnologie tradizionali ed innovazione.
“The Brutalist” racconta la storia di László Tóth, un architetto immaginario della scuola Bauhaus, fuggito negli Stati Uniti dopo esser sopravvissuto all’olocausto ungherese. L’opera ha preso vita dopo sette anni di lavoro e compone un intreccio di personaggi, inquadrature, tracce sonore e riferimenti che non sono mai fini a se stessi, ma fanno parte della narrazione.
I molti livelli di lettura, la bravura degli attori e della troupe tecnica hanno pienamente convinto i cinefili ed i professionisti del settore, mentre alcuni storici dell’architettura sottolineano i toni esasperati e poco fedeli alle figure che hanno rappresentato veramente il brutalismo.
Realizzato con meno di 10 milioni di dollari e della durata di tre ore e 35 minuti, incluso un intervallo, il lungometraggio è stato presentato in anteprima alla Mostra del Cinema di Venezia, dove ha ricevuto una standing ovation di 17 minuti e ha vinto il Leone d’Argento. Recentemente si è aggiudicato tre Golden Globe e rimane uno dei favoriti alla corsa agli Oscar, malgrado l’acceso dibattito sull’uso dell’Intelligenza Artificiale per la correzione degli accenti in ungherese.
Diretta da Brady Corbet, la storia di László Tóth (Adrien Brody) ha ricevuto 10 nomination agli Academy Award come: film, regia, sceneggiatura (Corbet/Fastvold), attore protagonista (Brody), non protagonisti (Felicity Jones, Guy Pearce), fotografia (Lol Crawley), montaggio (Dávid Jancsó), scenografia (Judy Becker/Patricia Cuccia) e colonna sonora (Daniel Blumberg).
VISTAVISION E PELLICOLE
Il film è stato girato principalmente su pellicola da 35 mm nel formato VistaVision, sviluppato dalla Paramount Pictures negli anni ‘50 per ottenere immagini di qualità superiore e reso famoso da Alfred Hitchcock in Vertigo e Intrigo internazionale.
La pellicola VistaVision a 8 perforazioni, a differenza del tradizionale 35mm a 4 perforazioni per fotogramma, scorre orizzontalmente attraverso la cinepresa.
Ogni fotogramma occupa il doppio dello spazio rispetto al formato standard 35mm, permettendo una risoluzione più elevata ed una maggiore stabilità dell’immagine.
L’ampia superficie del negativo riduce la profondità di campo, consentendo un bokeh naturale e una separazione dei piani simile al formato medio/grande della fotografia, motivo per cui è scelto da diversi registi e direttori della fotografia che amano una resa pittorica e dettagliata, come nel caso di The Brutalist.
Il DOP Lol Crawley ha deciso di girare su pellicola negativa a colori Kodak Vision3 250D 5207/7207 e 500T 5219/7219 35mm e 16mm per enfatizzare l’architettura, le texture e le atmosfere.
La sensibilità ottimizzata per la luce diurna (5500K) e la grana fine della Vision3 250D consentono una resa estremamente precisa, ideale per i paesaggi o per dare un look naturale e morbido.
Le due pellicole contribuiscono a creare un look organico, ricco di texture, con una gestione della luce e del colore coerente lungo tutto il film.
SOFTWARE DI MONTAGGIO
Dávid Jancsó si è servito di Avid e del plugin ScriptSync che allinea automaticamente il testo del copione con le riprese video, velocizzando l’editing in lavori complessi, con molte riprese frammentate, dove è cruciale risparmiare tempo evitando la noia di abbinare i dialoghi.
AI GENERATIVA
La recente controversia riguardante l’intelligenza artificiale nel film si concentra sull’uso di Respeecher per perfezionare la pronuncia ungherese degli attori principali, Adrien Brody e Felicity Jones. Entrambi hanno ricevuto un coaching linguistico, ma la produzione ha deciso di migliorare ulteriormente l’accento ricorrendo agli algoritmi della società ucraina specializzata in sintesi vocale.
Jancsó ha detto che alcune vocali dal suono particolarmente difficile sono state “clonate” dalla sua pronuncia madrelingua attraverso l’AI.
La dichiarazione ha scatenato un putiferio di commenti, nonostante il regista abbia specificato che l’AI è stata utilizzata esclusivamente per l’editing del dialogo in lingua ungherese, senza alterare le interpretazioni originali.
Alcuni sostengono che l’AI possa compromettere l’integrità artistica, mentre altri la considerano un’opportunità.
In questo caso è importante notare che non si è fatto un uso illecito di AI allenata su modelli inconsapevoli e senza riconoscimento dei vari diritti patrimoniali e autoriali.
Probabilmente la reazione negativa è stata anche frutto di una comunicazione poco chiara. Respeecher collabora da tempo con Hollywood. Ad esempio è stato usato per ringiovanire la voce di Luke Skywalker dato che l’interprete, Mark Hamill, aveva quasi 70 anni quando si è girato The Mandalorian. Nel biopic Better Man su Robbie Williams, Respeecher ha creato la voce dell’avatar-scimmia in CGI del cantante.
Difficile prevedere se questa controversia influenzerà le decisioni dell’Academy. La discussione riflette preoccupazioni più ampie sull’uso dell’AI nelle arti e sull’autenticità del lavoro dell’attore, sollevando dubbi sulla performance finale.
MIDJOURNEY
La scenografa Judy Becker ha ideato architetture e soluzioni molto efficaci, pur con un budget ridotto, come nella scena della biblioteca con pannelli sospesi e vetrate.
La Becker ha fatto un gran lavoro disegnando opere che non esistono, ma che sono credibili ed ispirate al movimento che dà il titolo al film.
In un’intervista, la scenografa candidata all’Oscar ha raccontato che il consulente Griffin Frazen ha usato Midjourney per generare rapidamente alcuni disegni. La polemica che ne è seguita ha obbligato Brady Corbet a precisare che tutti i progetti sono stati fatti da esseri umani.
Condannando il plagio di qualsiasi opera d’ingegno, l’AI nei cinema sta diventando una questione di lana caprina.
Da quando esistono i VFX, non si è mai andati a sindacare se registi, direttori della fotografia, scenografi o montatori si meritassero di essere premiati o meno. Senza compositing e grading alcuni film risulterebbero irriconoscibili.
L’AI è uno strumento così come i rendering ottimizzati da algoritmi che aggiungono interazioni fra luci e materiali dando corpo all’intera scena. Sta ai vari componenti del reparto tecnico/artistico immaginare le possibilità e realizzarle con i mezzi a loro disposizione.
Il vero problema è segnalare l’uso dell’AI e riconoscere il giusto credito a sviluppatori e creativi che l’hanno programmata, allenata ed usata per creare qualcosa che prima non c’era.
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Immagini: A24 – Universal Pictures
Condivido! L’AI è un mezzo di cui servirsi, dichiarandola, come Avid, DaVinci, Unity etc etc