Una fabbrica olandese ha installato uno speciale bruciatore per alimentare la produzione con la polvere di ferro, un materiale che come residuo ha ruggine facilmente rigenerabile e quindi compatibile con il modello dell’economia circolare.
La lotta al cambio climatico richiede che si rimpiazzino i combustibili fossili, ma lo sfruttamento comporta criticità diverse a seconda della fonte.
Le tecnologie per generare energia pulita, per la maggior parte solare ed eolica, non coprono l’intero fabbisogno soprattutto nei trasporti. Alternative come idrogeno, biocombustibili o batterie rientrano nelle possibili soluzioni, ma alcuni scienziati propogono le polveri di metallo, in particolare del ferro. usate da secoli per i fuochi d’artificio o recentemente come propellenti per i razzi dello Space Shuttle.
A dicembre 2015 nel giornale Applied Energy, è stato pubblicato uno studio firmato dal professor Jeffrey Bergthorson e da altri cinque ricercatori dell’Università McGill, con sede a Montreal in Canada, insieme a tecnici olandesi dell’Ente Spaziale Europeo (ESA).
L’analisi parte dal vantaggio offerto dalle polveri di ferro (contenenti energia come olii e gas) che quando sono bruciate reagiscono con l’aria formando residui costituiti da ossido di ferro idrato, ossia ruggine, facilmente rigenerabile con l’idrogeno per il reinserimento nel ciclo produttivo.
Per utilizzare questo tipo di materiale bisogna ricorrere ad un bruciatore ed alla McGill hanno dimostrato che la fiamma può essere stabilizzata ottenendo una densità di energia simile a quella generata dagli idrocarburi. Questa proprietà rende la tecnologia un’opzione interessante per ridurre le emissioni di CO2. Fra i vantaggi anche il fatto che milioni di tonnellate di polveri di ferro sono già annualmente prodotte da industrie metallurgiche, chimiche ed elettroniche
Nel 2019, si è testato l’impiego di combustibile di metallo con l’esperimento PERWAVES per 7 minuti a gravità zero nell’ambito di una collaborazione internazionale fra l’Alternative Fuels Lab McGill, l’ESA, l’Agenzia Spaziale Canadese ed Airbus.
Il 29 ottobre 2020 si è tenuta una demo del primo impianto industriale da 100 kW, l’equivalente di 5 boiler casalinghi, nella fabbrica di birra (Bavaria) della famiglia Swinkels, a Lieshout, dove il vapore ottenuto dalla polvere di metallo alimenta il processo produttivo di 15 milioni di birre. L’installazione è la messa in pratica di una ricerca degli studenti dell’Università della Tecnologia di Eindhoven (Olanda) realizzato con Metalot ed altre aziende riunite in un consorzio finanziato con 2,4 milioni di euro.
L’attrezzatura permetterà di rispondere a dubbi sull’efficienza nella gestione di questa fonte, fra cui le condizioni di sicurezza relative alla salute inerenti le polveri nell’immagazzinamento.
Non bisogna dimenticare il rischio di esplosione da polveri, di cui si ha conoscenza a partire dal primo evento accaduto in un deposito di farina a Torino, nel 1785. I silos di cereali, zucchero, persino plastica o altri materiali finemente triturati debbono essere sempre ben ventilati perché la velocità e la violenza della combustione aumentano più le particelle hanno dimensioni piccole.
Seguiremo gli sviluppi, stay tuned.
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Foto/Grafica: EINDHOVEN UNIVERSITY OF TECHNOLOGY – McGILL UNIVERSITY –
Complimenti per l’approfondimento, gli olandesi sono molto avanti mentre noi parliamo di nucleare senza neanche sapere che metà delle centrali francesi è fuori uso. Noi viviamo sotto torri che solo quel genio di Zichichione poteva far mettere in uno dei posti più belli della mia amata Sicilia