NUOVO OLED PER LA VISIONE NOTTURNA

Nuovo OLED con memoria per visori notturni

Creato un dispositivo compatto e leggero che amplifica la conversione della luce nel vicino infrarosso in luce visibile.

Gli OLED (Organic Light Emitting Diodes) sono diodi luminosi che emettono luce quando una corrente elettrica li attraversa. La loro produzione prevede la deposizione di strati sottili di materiali organici su un substrato, spesso mediante tecniche come la deposizione a vapore o la stampa. A differenza dei LED tradizionali, gli OLED non necessitano di retroilluminazione, permettendo una forma assottigliata e flessibile.

Oggi gli OLED dominano il mercato dei display per dispositivi mobili e si stanno espandendo in una vasta gamma di applicazioni nell’illuminazione, nel settore automobilistico e nei wearable.

Ricercatori dell’Università del Michigan hanno fabbricato un dispositivo più sottile di un capello umano capace di amplificare e convertire la luce nel vicino infrarosso in luce visibile, con il potenziale della riduzione dei consumi.

Questo nuovo tipo di OLED potrebbe sostituire i voluminosi visori notturni con occhiali leggeri, rendendoli economici e pratici per un uso prolungato. Inoltre, un effetto di memoria può portare a sistemi di visione artificiale che non solo rilevano, ma interpretano i segnali luminosi e le immagini in arrivo.

Gli attuali apparecchi per la visione notturna si basano su intensificatori d’immagine che convertono la luce del vicino infrarosso in elettroni, i quali poi vengono accelerati attraverso un vuoto verso un sottile disco contenente centinaia di piccoli canali provocando una collisione con le pareti ed il conseguente rilascio di migliaia di elettroni aggiuntivi. Lo scontro con uno schermo al fosforo permette la conversione in luce visibile. Nel processo, la luce in ingresso viene amplificata 10.000 volte consentendo di vedere al buio.

Il dispositivo recentemente sviluppato converte anch’esso la luce del vicino infrarosso in luce visibile e la amplifica senza il peso, l’alta tensione ed il complicato strato di vuoto richiesti dagli apparati tradizionali, con l’opportunità di miglioramenti ottimizzando il design.

Questa nuova classe mostra bistabilità grazie al feedback fotonico positivo tra un fotorivelatore organico ed un tandem OLED integrati nello stesso strato.

Il feedback fotonico positivo si traduce nell’emissione di alcuni fotoni verso l’occhio dell’utente, mentre altri sono ricatturati nello strato assorbente di fotoni, producendo ulteriori elettroni che attraversano l’OLED facendolo rimanere acceso in modo stabile anche dopo la rimozione del segnale originale.

Grafico nuovo OLED università del Michigan

Data la loro compatibilità con i materiali OLED esistenti e le linee di produzione, questi dispositivi potrebbero trovare un impiego a breve termine in nuovi display per applicazioni di imaging, oltre ad offrire un’innovativa piattaforma per l’optoelettronica neuromorfica ed il riconoscimento delle immagini.

Chris Giebink

Chris Giebink, professore d’ingegneria elettrica informatica e fisica presso l’Università del Michigan ed autore di riferimento dello studio pubblicato su Nature Photonics, ha spiegato come uno degli aspetti più promettenti sia amplificare la luce all’interno di una pila di film dello spessore di meno di un micron, tenendo presente che un capello umano ha uno spessore di circa 50 micron.

Poiché il dispositivo funziona ad una tensione molto più bassa rispetto ad un intensificatore di immagine tradizionale, si apre la possibilità di ridurre significativamente il consumo energetico, estendendo la durata della batteria.

Raju Lampande posiziona un OLED davanti a un sistema di imaging a microscopio

Raju Lampande, ricercatore post-dottorato nel laboratorio di Giebink ed autore principale della relazione, ha commentato come si sia arrivati a dimostrare un alto guadagno di fotoni in un dispositivo a film sottile, evidenziando la caratteristica primaria della scoperta rispetto ad un OLED normale dove un fotone in ingresso produce un solo fotone in uscita.

L’impianto mostra anche un comportamento simile alla memoria, noto come isteresi che potrebbe avere applicazioni nella visione artificiale. Il fenomeno fa sì che l’emissione luminosa, in un dato momento, dipenda dall‘input attuale e dalla sequenza degli input precedenti. Il dispositivo è quindi in grado di memorizzare il comportamento passato, mantenendo uno stato pur quando l’input cambia.

Una grande isteresi nella corrente e nell’emissione luminosa risponde in modo sensibile a bassi livelli d’illuminazione esterna, permettendo la upconversion optoelettronica con un guadagno fotonico di 100 volte, ossia per ogni fotone di luce infrarossa in ingresso, il dispositivo genera 100 fotoni di luce visibile in uscita.

 

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Foto: Marcin Szczepanski – Michigan Engineering

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