I ricercatori dell’Università del Missouri hanno creato una soluzione a base liquida che elimina oltre il 98% delle particelle microscopiche di plastica.
Le nanoplastiche sono minuscole particelle di plastica (da 1 a 100 nanometri) che derivano dalla frammentazione di materiali di dimensioni maggiori o dalla produzione intenzionale per specifici usi industriali.
La crescente preoccupazione riguarda il loro potenziale impatto sulla salute umana e sull’ambiente.
Uno studio del 2022, pubblicato sulla rivista Environment International, ha rilevato per la prima volta la presenza di particelle di plastica nel sangue umano, fra cui polietilene tereftalato (PET) e polietilene (PE), spesso impiegati in bottiglie di plastica ed imballaggi. Nel 2020, erano state scoperte tracce, fra 5 e 10 micrometri, nella placenta di donne in gravidanza, facendo temere conseguenze per la salute del feto.
Secondo l’Agenzia Europea per l’Ambiente (EEA), le nanoplastiche sono diventate una componente significativa dell’inquinamento marino e delle acque dolci, in tutto il mondo.
Un’indagine del 2021 dell’Istituto Nazionale di Salute Pubblica del Giappone ha evidenziato che quest’accumulo possa influenzare negativamente la fauna acquatica, alterando il comportamento, la riproduzione e la crescita degli organismi. Negli Stati Uniti, la Food and Drug Administration (FDA) e l’Agenzia per la Protezione Ambientale (EPA) hanno avviato osservazioni per comprendere meglio le implicazioni delle nanoplastiche sulla salute, in particolare sulla loro capacità di entrare nella catena alimentare ed agglomerarsi nei tessuti umani.
Questi enti internazionali sottolineano la necessità di sviluppare nuove tecnologie per monitorare e ridurre l’inquinamento da nanoplastiche, oltre a promuovere politiche rigorose per la gestione dei rifiuti plastici.
Recentemente, i ricercatori dell’Università del Missouri hanno creato una soluzione a base liquida che elimina oltre il 98% di queste particelle microscopiche dall’acqua.
Il metodo innovativo utilizza solventi idrofobi composti da ingredienti naturali sicuri e non tossici che rappresentano una soluzione pratica al problema urgente, aprendo la strada ad ulteriori progressi.
Inizialmente, la sostanza idrofoba si trova sulla superficie dell’acqua, galleggiando come se fosse olio. Una volta mescolato e lasciato risepararsi, il solvente torna a venire a galla portando con sé le nanoplastiche all’interno della sua struttura molecolare.
Gary Baker, professore associato presso il Dipartimento di Chimica dell’Università del Missouri ed autore dello studio, ha spiegato come la strategia adottata si serva di una piccola quantità di solvente, ideato per assorbire particelle da un grande volume di acqua. Attualmente, la capacità non è ben compresa e si punta a scoprirne la portata massima esplorando metodi per il riciclo e permettere un eventuale riutilizzo.
In laboratorio, gli scienziati impiegano semplicemente una pipetta per rimuovere il solvente carico di nanoplastiche. Baker ha detto che in futuro si mirerà a scalare l’intero processo in modo che possa essere applicato a volumi maggiori come laghi e persino oceani.
Il team del Missouri ha testato cinque diverse dimensioni di nanoplastiche a base di polistirene, un tipo comune di plastica utilizzato nella produzione di tazze e piccoli vassoi di polistirolo. I risultati hanno superato quelli di studi precedenti che si concentravano principalmente su una sola grandezza di particelle di plastica.
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Immagini: Sam O’Keefe per Università del Missouri – Grafica: Gary Baker e National Oceanic and Atmospheric Administration (NOAA)
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