Un georadar ad alta risoluzione ha localizzato una nave di oltre 1000 anni nell’isola norvegese di Edoy.
L’archeologia geofisica sfrutta le tecnologie disponibili per rendere efficienti le ricerche. Sensori sempre più precisi insieme a miglioramenti nelle parti hardware e software consentono agli studiosi di ottimizzare gli scavi.
Il 22 novembre 2019, l’Istituto Norvegese per la Ricerca del Patrimonio Culturale (NIKU) ha dato la notizia di un importante ritrovamento nell’isola di Edoy, un centinaio di chilometri ad ovest di Trondheim.
La scansione elettromagnetica di un Guideline Geo MIRA (Malå 3D Imaging Radar Array) ha restituito l’immagine di un’antica imbarcazione sepolta sotto 50 centimetri di terra. Le misure della chiglia fanno supporre che la barca possa essere stata lunga 16-17 metri e che risalga al periodo merovingio o Vichingo.
La scoperta è frutto di un lavoro sistematico lungo le rotte di maggior transito della regione del nord. La nave “vichinga” è stata trovata grazie alla collaborazione con l’Istituto Ludwig Boltzmann specializzato nello sviluppo di nuove tecniche e metodologie per l’archeologia del paesaggio che combina geofisica, immagini aeree e geomatica per integrare l’informatica ai rilevamenti territoriali. I dati così ottenuti permettono un approccio non distruttivo pensato per documentare e visualizzare le informazioni.
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Immagini di: NIKU
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