Dopo due anni è stato recuperato il data center, con 864 server, immerso vicino alle isole scozzesi delle Orcadi con dei risultati che hanno sorpreso gli esperti informatici.
I computer non amano l’acqua, immaginate l’azzardo di voler conservare rack di petabyte sottacqua. Eppure durante la ThinkWeek 2013 di Microsoft un impiegato ed ex veterano della Marina statunitense, Sean James, firmò una proposta per un centro dati subacqueo alimentato da energie rinnovabili. Nel 2014 nella sede di Redmond, nello stato di Washington, si è riunita la prima commissione di tecnici, composta da Eric Peterson, Spencer Fower, Norm Whitaker, Ben Cutler e Jeff Kramer con il compito di sviluppare datacenter sotto il livello del mare valutando difficoltà e benefici.
ll progetto Natick era ufficialmente avviato e nel 2015, al largo delle coste californiane fu collocata, a 30 metri di profondità per la durata di 105 giorni, Leona Philpot (nome di un personaggio del videogioco Halo, ndr).
La seconda fase è iniziata nel 2018 quando Microsoft si è avvalsa delle competenze della società francese Naval Group per costruire un data center integrabile all’interno di una capsula impermeabile in grado di ospitare, in ambiente controllato, 12 rack con 864 server standard Microsoft con 27,6 petabyte di dischi pari a migliaia di PC consumer, con una capacità complessiva paragonabile a 5 milioni di film.
Natick utilizza l’Intelligenza Artificiale per monitorare i server e le altre tecnologie identificando le correlazioni fra condizioni ambientali e longevità dei data. La Fase 2 è stata alimentata con le energie rinnovabili normalmente generate nelle isole scozzesi rappresentate da un misto fra onde, vento e sole. Nel futuro si prevede un sistema indipendente riservato alla piattaforma, sempre proveniente da vento ed onde. Il posizionamento sottacqua riduce il fabbisogno elettrico per il raffreddamento sfruttando le basse temperature del mare.
L’unità denominata “Northern Isles” (SSDC-002) è lunga 12,2 metri con un diametro di 2,8 metri (3,18 metri includendo i componenti esterni). Le dimensioni dell’intera struttura sottomarina raggiungono i 14,3 metri di lunghezza per 12,7 metri di larghezza. Il mega-contenitore è stato immerso a 35,66 metri di profondità al largo delle isole Orcadi, nell’area dell’EMEC (European Marine Energy Centre), un centro di ricerca sulle onde e sulle maree.
Il 9 luglio del 2020, il data center ha completato la sua missione permettendo l’inizio del recupero. Dopo un’accurata pulizia da alghe ed incrostazioni, la capsula è stata trasportata su camion fino al Nigg Energy Park dove si è proceduto alla sua apertura con l’estrazione dei server che sono sembrati, fin dalle prime osservazioni, in ottime condizioni.
Le analisi hanno confermato una percentuale di 1 a 8 di problemi nei server immersi in rapporto a quelli terrestri. L’ipotesi è che l’atmosfera con l’azoto, sia meno corrosiva rispetto all’ossigeno oltre all’assenza di manutenzione “fisica” che origina danni involontari a diversi componenti. Lo studio proseguirà per comprendere meglio lo scenario in vista della fase 3.
La durata prevista dell’immersione dei data center è di 5 anni, passati i quali i serbatoi in acciaio saranno riportati in superficie e riciclati.
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Immagini: MICROSOFT – NAVAL GROUP
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