A 70 anni dalla fine della II Guerra Mondiale, viene diffuso il documentario di Alfred Hitchcock girato al momento della liberazione.
Il 15 aprile del 1945 le truppe inglesi, canadesi e russe entrarono nel campo di Bergen-Belsen, in Bassa Sassonia e rimasero increduli davanti alla distesa di migliaia di corpi martoriati. I prigionieri uccisi furono oltre 50.000, fra cui Anna Frank.
Le riprese furono fatte da soldati improvvisatisi cine-operatori, muniti di rudimentali telecamere, per testimoniare l’esistenza dei campi e mettere il popolo tedesco di fronte alle proprie responsabilità.
Il lungometraggio fu ordinato dal Supremo Comando delle Forze Alleate che incaricò il produttore britannico Sidney Bernstein di formare un gruppo di specialisti, fra cui i tecnici Stewart McAllister e Peter Tanner, il giornalista Colin Wills, lo scrittore e futuro ministro laburista Richard Crossman e l’attore Trevor Howard, come voce fuoricampo.
Bernstein chiamò l’amico Alfred Hitchcock a supervisionare il montaggio negli studi di Pinewood. I soldati ironizzarono che il famoso regista, maestro della suspense, non resse alla disumanità di quello che vide e sparì per una settimana.
Il documentario inizialmente s’intitolò German Concentration Camps Factual Survey e certificò con crudezza i visi scarnificati, i crani e l’abbandono scomposto di pile di cadaveri che rendevano l’aria irrespirabile. Le inquadrature erano lente, ma non per un gusto verso il morboso come avviene oggi, ma per lo sbalordimento dei militari che giravano disorientati. La stessa BBC rifiutò di credere alle notizie riportate da Richard Dimbleby pensando che avesse drammatizzato il racconto.
Il lavoro aveva il compito di risvegliare le coscienze, ma il pubblico dell’epoca non lo vide perché si decise che la crudeltà delle immagini non aiutasse la società civile tedesca a rimarginarsi. Le bobine furono depositate in una scatola di latta al Museo Imperiale della Guerra (IWM) di Londra e dimenticate.
Negli anni ’80, un ricercatore americano ritrovò il contenitore arrugginito sugli scaffali e si organizzò una proiezione al Festival di Berlino, ma il materiale era troppo danneggiato ed incompleto.
Sono occorsi tre anni per restaurare fotogramma per fotogramma quest’incredibile documento. A dicembre del 2008, il Professor Toby Haggith, con l’ausilio di George Smith e Andrew Bullas, cominciò a recuperare tutte le scene elencate anche per il sesto rullo la cui lavorazione era stata lasciata in sospeso.
La pellicola è stata scannerizzata digitalmente e riassemblata presso lo studio di post-produzione gallese Dragon-Di. Il titolo è stato cambiato in “Memory of the Camps” (La memoria dei campi) e si è rifatto il sonoro usando autentiche registrazioni presenti negli archivi dell’IWM oltre alla voce dell’attrice Helena Bonham Carter.
Contemporaneamente il produttore André Singer con la collaborazione di Stephen Frears, regista di titoli come “Le relazioni pericolose” e “Philomena”, ha raccontato nel documentario “Night will Fall” (La notte cadrà) l’accurato ripristino, l’importanza del potere affidato alla memoria e le ragioni dell’oblio durato oltre 40 anni.
Il finale è un monito per tutta l’umanità: “Fino a quando il mondo non imparerà la lezione data da queste immagini, il buio tornerà. Per grazia di Dio, noi che viviamo, impareremo.”
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Foto di: IMPERIAL WAR MUSEUM – WIKIPEDIA – WIKIMEDIA
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