Una serie di concerti negli stadi dove luce e visual mettono in risalto la ricerca di sonorità più ritmiche alle quali l’artista di Correggio ha lavorato insieme al nuovo produttore.
Qualcuno si ricorda ancora un Ligabue, agli inizi, in una data persa nella nebbia della pianura con pochi fari ed un’energia che lo avrebbe portato ai vari Campovolo dove ammassati fra transenne si ripensa con nostalgia alla libertà degli esordi.
I concerti rimangono impressi nella memoria ed è per questo che gli artisti si affidano a tecnici capaci di sostenere la riuscita degli eventi. Da molti anni, Jo Campana progetta e controlla il disegno luci dei live di Ligabue coordinando anche la parte visual. Jo è un light-designer con una lunga esperienza in grado di spaziare dai cantautori italiani al rock, dalla musica sperimentale al jazz. Lo incontriamo durante la data torinese dello Start Tour 2019.
Come nasce il progetto e quali caratteristiche ha lo stage?
“Proseguiamo su una linea tracciata negli ultimi anni con un palco open, senza il tetto, per permettere al pubblico di fruire dello spettacolo da ogni angolo e postazione. Il fronte palco misura 60 metri per un’altezza di 22 metri. La struttura è sobria, ma di grande impatto con una superficie importante coperta da sei schermi, più uno a forma di freccia che richiama la comunicazione visiva dell’album Start.”
In che modo sono sfruttate le due passerelle?
“La prima è dedicata al momento acustico in cui spengo quasi tutto, tranne i seguipersona su Luciano.
La seconda invece è riservata ad una sezione medley, chiamata Club Rock, dove c’è un ideale richiamo agli inizi nei club con degli elevatori telescopici che portano sul palco una decina di fari. Tutti i musicisti si spostano su questa pedana per circa venti minuti dando la possibilità all’artista di entrare in contatto con il pubblico avvicinandosi anche a chi non è sotto il main stage.”
Due imponenti L seguono parte dei profili degli schermi con movimentazioni inattese. Quale tipologia di proiettore hai impiegato?
“Ho realizzato queste due LL con dei pannelli da 25 LED che stilizzano le iniziali di Luciano Ligabue.
E’ un faro a matrice che mi consente grande libertà creativa sia nella modalità tradizionale con l’emissione di potenti fasci di luce, sia quando si trasforma in sorgente video prendendo la mappatura della grafica da mediaserver. Il risultato è inaspettato e dà un notevole contributo all’effettistica della scenografia.”
Ci sono momenti in cui luci e grafica si fondono in maniera decisamente efficace. Cosa ti ha richiesto Ligabue?
“Nei mesi in cui abbiamo cominciato a parlare del tour, Luciano ha chiesto di concentrarsi di più sulle luci. Non posso che esserne felice ed ho lavorato proprio per un maggiore equilibrio con i video rispetto al mega evento del Parco di Monza o all’ultimo Campovolo dove la superficie dei ledwall era enorme e continua, come in “Sotto gli occhi del mondo“.
Per una strana coincidenza, ho poi notato che la parola luce è ricorsa molto nella testa di Luciano: il primo singolo s’intitola Certe donne brillano, il secondo Luci d’America. Insomma la luce è protagonista sul palco.”
Hai tantissimi fari e non oso immaginare i chilometri di cavi. Cosa ti è servito per ottimizzare montaggio e smontaggio?
“Rispetto al precedente tour negli stadi, c’è un numero ancora più elevato di proiettori. Una valanga di segnali da processare ai quali si sommano quelli dei video e delle telecamere per le riprese live.
A livello illuminotecnico, ho fatto costruire circa novanta “gabbie”, con misure specifiche, all’interno delle quali abbiamo alloggiato dei corpi illuminanti. Questi pre-cablati custom sono molto comodi perché velocizzano l’allestimento dei fari che viaggiano senza staccarsi dal loro supporto.”
E’ uno spettacolo che gioca con la tridimensionalità ottica. Puoi spiegarci come hai lavorato per la profondità di campo?
“Come ben sai, amo il controluce. Pur avendo una forte sorgente, è sufficiente trovare la chiave per gestire tutta questa potenza facendo in modo che l’artista non sia mai sottoesposto.
Sfrutto molto l’illuminazione della struttura per evidenziare la maestosità e l’ampiezza del palco. Inoltre ho fatto mettere un fondale microforato nero che mi consente di dare un limite allo stage per accentuare la tridimensionalità. Lavoro molto con tagli semi-frontali, ma tengo 12 wash per lato dedicati esclusivamente alla band per fare la keylight e garantire visibilità per le riprese.”
Lo show è ricco di energia, molto diretto. E’ solo una mia impressione o è cambiato qualcosa?
“C’è stata una ricerca di contemporaneità soprattutto nella sezione ritmica a cui l’artista ha lavorato con il nuovo produttore in fase di registrazione.”
In quali brani ti sei espresso maggiormente come light-designer?
“In ogni concerto, Luciano cambia tre/quattro pezzi della scaletta. Purtroppo uno dei miei preferiti non è stato fatto a Torino ed è la ballata Vita Morte e Miracoli contenuta nell’ultimo album. E’ molto delicata e me la sono immaginata come un quadro con un contributo video dove si vedono delle lampadine che si accendono mentre sul palco simulo quel tipo d’illuminazione.
Per contrapposizione mi piace anche molto il pezzo più sporco, se si può dire così, ossia La cattiva compagnia in cui ho chiesto che la grafica fosse volutamente sopra le righe.”
Tempi serrati, poche chiacchiere e molta musica, il Liga è tornato.
RIPRODUZIONE RISERVATA – © SHOWTECHIES Simona Braga
Fotografie: Simona Braga – Vietata la riproduzione senza autorizzazione scritta. Il materiale in alta risoluzione può essere richiesto alla redazione.
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