IL FERRO COME MEZZO DI STOCCAGGIO ECONOMICO PER L’IDROGENO

Il ferro come mezzo di stoccaggio per l'idrogeno

In un impianto pilota dell’ETH di Zurigo, i ricercatori stanno dimostrando come l’immagazzinamento dell’idrogeno possa essere efficiente e non costoso.

Il fotovoltaico coprirà oltre il 40% del fabbisogno elettrico della Svizzera entro il 2050. L’energia solare però non è sempre disponibile: ce n’è troppa in estate e scarseggia in inverno, quando il sole splende meno e le pompe di calore vanno a pieno regime.

Un modo per ridurre le importazioni e le centrali a gas è produrre idrogeno dall’energia solare a basso costo nella bella stagione da convertire in elettricità nei mesi freddi e poco soleggiati. Tuttavia, l’idrogeno è altamente infiammabile, estremamente volatile e rende fragili numerosi materiali.

L’immagazzinamento del gas ha infatti bisogno di contenitori speciali pressurizzati e tecnologie di raffreddamento che necessitano di molta energia. Le precauzioni per la sicurezza aumentano la spesa di tali impianti, senza scordare che i serbatoi d’idrogeno non sono mai completamente a prova di perdite, con ricadute sull’ambiente e sui costi.

I ricercatori dell'ETH Samuel Heiniger (a sinistra, con un barattolo di minerale di ferro) e il professor Wendelin Stark davanti ai tre reattori di ferro nel campus Hönggerberg dell'ETH di Zurigo.
Samuel Heiniger ed il professor Wendelin Stark

I ricercatori dell’ETH di Zurigo, guidati da Wendelin Stark, professore presso il Dipartimento di Chimica e Bioscienze Applicate, hanno sviluppato una nuova tecnologia per l’accumulo stagionale d’idrogeno decisamente più sicura ed economica delle soluzioni esistenti, servendosi del quarto elemento più abbondante sulla Terra: il ferro.

Stoccaggio chimico

Stark e il suo team si sono affidati al processo ferro-vapore conosciuto fin dal XIX secolo. Il surplus di energia solare disponibile può essere impiegato per scindere l’acqua e produrre idrogeno da introdurre in un serbatoio di acciaio inossidabile, riempito con minerale di ferro a 400 gradi Celsius.

Questo fenomeno chimico è simile alla carica di una batteria e significa che l’energia può essere stivata come ferro ed acqua per lunghi periodi con perdite quasi nulle. Quando l’energia è necessaria, s’inverte il processo introducendo vapore caldo per trasformare il ferro e l’acqua in ossido di ferro ed idrogeno.

Grafica dei processi immagazzinamento e rilascio di energia.
Processo d’immagazzinamento dell’energia con trasformazione dell’idrogeno in ferro e successiva fase di rilascio dell’energia con la riconversione in idrogeno.

L’idrogeno può quindi essere convertito in elettricità o calore in una turbina a gas o in una cella a combustibile. Per mantenere al minimo l’energia richiesta per la seconda parte, il vapore viene generato utilizzando il calore di scarto della reazione.

I vantaggi

Stark ha spiegato come questa tecnologia sfrutti una materia prima, il minerale ferroso, facile da procurare in grandi quantità senza neanche doverla lavorare.

I ricercatori presumono che impianti capienti potrebbero essere realizzati in tutto il mondo senza influenzare sostanzialmente il prezzo del minerale sul mercato globale.

Il serbatoio in cui avviene la reazione non deve soddisfare alcun requisito particolare di sicurezza ed è semplicemente costituito da pareti di acciaio inossidabile, spesse solo 6 millimetri.

Contenitore in acciaio inossidabile da 1,4 metri cubi con 2-3 tonnellate di minerale di ferro non trattato

La reazione avviene a pressione normale e la capacità di stoccaggio aumenta con ogni ciclo. Una volta riempito, il reattore può essere riutilizzato per un numero qualsiasi di cicli senza dover sostituire il contenuto.

Un altro beneficio è la comodità di espandere la portata fabbricando depositi di maggior volume per ospitare più ferro.

L’innovazione è stata stimata dieci volte più economica rispetto alle soluzioni attualmente adottate.

Fattibilità

Nel campus Hönggerberg è stato costruito un impianto pilota formato da tre serbatoi con una capacità di 1,4 metri cubi, ciascuno dei quali è stato riempito con 2-3 tonnellate di minerale di ferro non trattato.

Samuel Heiniger, un dottorando del gruppo di Stark, ha specificato come la struttura riesca ad immagazzinare circa 10 megawattora d’idrogeno per lunghi periodi da cui ottenere tra 4 e 6 megawattora di potenza, a seconda della conversione in elettricità, pari al fabbisogno di tre-cinque case unifamiliari svizzere nei mesi invernali.

Al momento, il sistema funziona ancora con l’elettricità dalla rete e non con l’energia solare generata all’interno dell’università. La cosa è destinata a cambiare con la prevista espansione, entro il 2026, per soddisfare un quinto della richiesta invernale del campus usando l’energia solare estiva.

I serbatoi dovrebbero essere da 2000 metri cubi per contenere circa 4 gigawattora (GWh) d’idrogeno verde, per 2 GWh di potenza. Il rilascio dell’energia frutterebbe 2 GWh di calore che gli scienziati vogliono integrare nel sistema di riscaldamento del campus.

 

 

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Immagini: ETH Zurigo – Grafica di copertina ShowTechies

 

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