Ricercatori progettano batteri da impiegare come catalizzatori economici ed efficienti.
L’attuale produzione su larga scala d’idrogeno dipende fortemente dai combustibili fossili che generano circa 11,5-13,6 chilogrammi di emissioni di CO2 per ogni chilogrammo di H2 ottenuto.
L’idrogeno è indicato come verde quando si usa elettricità rinnovabile come input nell’elettrolisi, non essendoci consumo di combustibili fossili e nessuna emissione di CO2. Uno dei maggiori ostacoli in questo tipo di sfruttamento è il prezzo dei catalizzatori basati su metalli costosi, ecco perché è importante trovare alternative altamente efficaci, stabili e convenienti.
L’industria chimica svolge un ruolo critico nello sviluppo di soluzioni innovative per consentire il passaggio ad un’economia sostenibile e circolare.
Il Professor Wei Huang dell’Università di Oxford è l’autore principale di un nuovo studio dove si è usata la biologia sintetica per convertire una specie di batteri in un “bionanoreattore” cellulare per scindere l’acqua e ricavare idrogeno utilizzando la luce solare.
Gli scienziati si sono avvalsi di un Microbial Chassis, un organismo capace di supportare componenti genetici ingegnerizzati senza interferire con le sue funzioni originali.
In natura, specifici microrganismi possono ridurre i protoni (H+) a idrogeno molecolare (H₂) servendosi di enzimi idrogenasi, ma la resa di questo processo è diminuita da fattori come la bassa velocità di trasferimento degli elettroni, rendendo i microrganismi poco efficaci. Le idrogenasi sono proteine enzimatiche che fungono da biocatalizzatori.
Per superare queste limitazioni, i ricercatori hanno ingegnerizzato il batterio Shewanella oneidensis per concentrare elettroni, protoni ed enzimi idrogenasi nel periplasma, lo spazio compreso tra la membrana interna e quella esterna, spesso circa 20-30 nm. Questa specie è definita elettroattiva, ovvero è in grado di distaccare elettroni da o verso superfici solide esterne alle sue cellule.
Il team ha creato un gradiente elettrochimico con una pompa protonica attivata dalla luce, una proteina bioingegnerizzata (nello specifico la rodopsina di Gloeobacter) nella membrana interna, per spostare protoni in presenza di luce.
La rodopsina di Gloeobacter è stata ulteriormente modificata mediante l’introduzione del pigmento cantaxantina che assorbe l’energia luminosa ed incrementa il trasporto dei protoni, sfruttando altri fotoni dalla luce solare.
Per aumentare il trasferimento di elettroni, sono state inserite nanoparticelle di ossido di grafene ridotto e solfato ferrico. Il coautore professor Ian Thompson ha spiegato che questi materiali abiotici (senza vita) sono stati sintetizzati attraverso metodi biologici, rendendoli più ecologici rispetto agli approcci chimici tradizionali.
Quando il ceppo ingegnerizzato di S. oneidensis è stato esposto agli elettroni provenienti da un elettrodo, ha prodotto un rendimento dieci volte superiore in confronto ad un ceppo non ingegnerizzato di controllo.
Secondo i ricercatori, il sistema potrebbe essere ampliato per creare fogli artificiali, stampando cellule batteriche ingegnerizzate su tessuti in fibra di carbonio che produrrebbero idrogeno una volta esposti alla luce solare.
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Screenshot da video Università di Oxford
Copertina: immagine creata con AI, prompt engineering S. Braga
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