I tre ragazzi dell’Istituto Tecnico Industriale Augusto Righi, finalisti del concorso Zero Robotics, riusciranno ad andare al MIT di Boston.
Zero Robotics è una competizione in cui squadre di studenti, delle scuole superiori, si sfidano a scrivere programmi per satelliti autonomi con simulazioni settimanali che servono a determinare la graduatoria. I primi selezionati si alleano in team composti da tre scuole che dovranno gestire a distanza le SPHERES (Synchronized Position Hold Engage and Reorient Experimental Satellite) direttamente sulla Stazione Spaziale Internazionale.
La sfida tecnica comporta una strategia finalizzata alla risoluzione di problemi che interessano DARPA, NASA e MIT. Il software degli studenti è in grado di agire su velocità, rotazione, direzione di spostamento e gli script devono completare gli obiettivi richiesti, ad esempio evitare degli ostacoli, nei tempi dati conservando sufficienti risorse come il carburante. I programmi girano in modo autonomo senza il controllo diretto durante i test.
Le sfere furono portate sulla Stazione in orbita nel 2006 e sono gli unici oggetti “volanti” a bordo. Con il tempo l’hardware è stato potenziato per espandere le capacità e testare esperimenti che richiedono movimenti nello spazio tridimensionale in assenza di gravità, come manutenzione, manovre di attracco (docking), volo di formazione.
La prima edizione del concorso risale all’autunno del 2009 con la partecipazione di due soli istituti americani. Nel 2011 il Politecnico di Torino, l’Università di Padova e l’Ente Spaziale Europeo (ESA) hanno diffuso l’iniziativa in Europa in un campionato sperimentale a 25 scuole vinto dall’ITIS Avogadro di Torino.
Gli studenti italiani provenienti da diverse regioni sono sempre saliti sul podio, ma il concorso ha ricevuto un’inaspettata notorietà grazie a tre ragazzi dell’Istituto Righi di Napoli, Mauro D’Alò, Davide Di Pierro e Luigi Picarella, al secondo posto nella classifica attuale, ma senza i fondi per recarsi alla finale presso il MIT di Boston. La storia rischiava di essere l’ennesimo mancato sostegno alla meritocrazia, ma in poche ore si è registrato un boom di solidarietà da imprese e privati. Il riconoscimento istituzionale è arrivato dalla Presidente del Senato Maria Elisabetta Alberti Casellati che ha assicurato il finanziamento per la trasferta oltreoceano, così come annunciato nella conferenza stampa di mercoledì 14 novembre.
L’Istituto Tecnico Industriale Augusto Righi ha una lunga tradizione d’eccellenza in cui gli insegnanti svolgono un ruolo essenziale. I tre studenti sono stati guidati dai docenti di matematica ed informatica Salvatore Pelella e Ciro Melcarne.
Il professor Pelella è un veterano di Zero Robotics e ci ha spiegato la preparazione necessaria per misurarsi con le migliori scuole tecnico-scientifiche al mondo.
Come riuscite a motivare gli studenti in un concorso che richiede studio ed un approccio dinamico al problem-solving?
“La gara in sé ha un fascino particolare perché i ragazzi devono realizzare un codice che manovra un micro satellite per operazioni nello spazio. Le prime fasi avvengono in virtuale sui simulatori, ma nell’ultima parte i codici sono inviati alla Stazione Orbitante della NASA ed è un momento molto coinvolgente. Un’altra cosa bella è che dopo il successo di cinque anni fa, quando siamo arrivati terzi e dopo la vittoria del 2016, si è prodotto un entusiasmo generale che parte dalle classi inferiori alle quali gli studenti più vecchi passano le conoscenze. Non è un caso se negli ultimi quattro anni siamo sempre andati in finale.”
Le sfere orbitanti in realtà sono dei poliedri a 18 facce. Esiste una ragione per cui è stata scelta questa forma geometrica?
“Le superfici piatte offrono la possibilità d’inserire la telecamera, un serbatoio, propulsori negli spigoli “tagliati” e quest’anno anche un gancio. Inoltre, nelle simulazioni al MIT, il dispositivo deve essere appoggiato e la forma sferica creerebbe problemi.”
In cosa consiste la gara di quest’anno?
“Nella passata edizione c’era il satellite avversario e bisognava prestare attenzione ai suoi movimenti. Quest’anno la prova prevede il recupero di una sfera attraversando inizialmente una zona di detriti di differenti dimensioni. A seconda dell’impatto si perde o il 10% o il 25% o il 50% della potenza dei motori. Lo step successivo è dedicato al recupero vero e proprio tenendo presente che l’altra sfera oscilla parallelamente al fondo del campo ruotando su se stessa spostando, di conseguenza, il gancio da utilizzare per riportarla nella stazione spaziale.”
Ai primi di novembre, i team si alleano. Voi come siete abbinati?
“Siamo con due team americani. Abbiamo visto le foto di una delle due strutture e siamo rimasti colpiti dal tipo di mezzi su cui possono contare. La cosa che ci ha fatto piacere è che loro sono stati molto felici della nostra scelta.”
Attualmente in che fase siete del percorso di gara?
“Siamo secondi nella seconda fase di qualificazione e ci giochiamo la finale a cui accedono le prime 14 alleanze.”
Qual è la principale difficoltà da affrontare a livello matematico?
“I quaternioni che gestiscono la rotazione del satellite sui propri assi sono l’argomento ostico. A volte si usano delle matrici di rotazione e gli studenti acquisiscono delle conoscenze di matematica e fisica che esulano dal normale piano didattico. All’inizio l’assenza di gravità è complessa per cui si propongono le leggi della cinematica, poi ci si rende conto che il corpo che dovrebbe arrivare dal punto a al punto b a velocità zero, invece non ha velocità zero e magari va oltre mancando l’obiettivo. Nello spazio non si usano le coordinate cartesiane, ma le coordinate sferiche. Io ho potuto contare sulla collaborazione dei docenti del dipartimento di matematica che cominciano subito trigonometria e goniometria.”
Quale linguaggio di programmazione si utilizza?
“E’ un C proprietario del MIT con API (Application Programming Interface) progettate da loro. Una delle due API è a matrice di 12+1 dove le primi tre componenti sono la posizione, tre sono la velocità, tre si riferiscono alla velocità angolare, mentre le ultime tre determinano l’attitudine dei movimenti rotatori della camera.”
I risultati testimoniano l’ottimo lavoro che state facendo, ma qual è la gratificazione che la premia maggiormente?
“Il lato umano è fondamentale. Noi generalmente c’incontriamo nei giorni dispari quando le lezioni finiscono alle 14 ed i ragazzi che abitano distante sono più comodi negli orari. Pranziamo nella sala che abbiamo a disposizione, parliamo ed a volte la robotica fa sorgere domande anche esistenziali che superano i confini della materia scolastica. Il mio desiderio è essere felice e nasce un’empatia con gli studenti che hanno la stessa ambizione. Il collegamento con Boston lo facciamo da casa mia dove mangiamo insieme e ci divertiamo. Si creano delle amicizie che durano nel tempo e lo dimostra il fatto che sono ancora in contatto con i partecipanti delle passate edizioni.”
I bravi professori aiutano a valorizzare le capacità del cervello perché, come diceva Thomas Alva Edison, il talento è 1% ispirazione e 99% traspirazione, ossia impegno.
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Foto: MIT – NASA – SENATO DELLA REPUBBLICA ITALIANA – SPHERES – ZERO ROBOTICS
(L’articolo ha superato l’attuale stringa visibile del contatore visite. Aggiorneremo a breve la capienza della stringa per permettere la corretta visualizzazione. Nel frattempo, sabato 17/11, abbiamo ripristinato la situazione dell’ultimo salvataggio del data-base datato 16/11/2018 – h 23.55)
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