Lodovico Scarfiotti è l’ultimo italiano a vincere a Monza su una Ferrari. Il figlio Luigi e la biografia di Paola Rivolta contribuiscono a tener vivo il ricordo di un pilota brillante che ha ereditato la passione dei motori dal nonno, uno dei fondatori della Fiat.
Strana la vita. Dopo un’estate passata a lavorare, stacco qualche giorno ed a Porto Recanati, visitando la locale Associazione Navale, scopro che hanno riservato delle sale alla mostra su un pilota: Lodovico Scarfiotti, l’ultimo italiano a trionfare al Gran Premio d’Italia con una Ferrari nel 1966. Quando si tratta di auto sono un macinasassi e m’informo su tutto quello che posso. In poche ore ho scoperto aneddoti, rarità ed intrighi. Le foto d’epoca ricordano le gare ed i successi di un pilota dimenticato troppo presto a causa della morte prematura ed a giudizi emessi da chi pilota non era.
Dietro il cognome Scarfiotti c’è la storia di una famiglia cominciata a Torino quando il nonno, Lodovico, compare nella lista dei co-fondatori della Fiat, datata 11 luglio 1899. L’allora Fabbrica Italiana Automobili si costituisce per iniziativa di nobili ed industriali sabaudi appassionati di tecnologia, fra cui il conte Roberto Biscaretti di Ruffia il cui figlio Carlo Biscaretti di Ruffia, ironico e talentuoso disegnatore tecnico e pubblicitario, autore fra l’altro del marchio Lancia, è stato promotore del Museo dell’Automobile di Torino, a lui dedicato fino a pochi anni fa.
Lodovico Scarfiotti nasce a Torino il 18 ottobre 1933 ed è uno dei protagonisti negli anni ’60 della Ferrari. Con la Rossa vince diverse gare ed è ricordato come un vero gentleman, un pilota d’altri tempi con le automobili nel suo DNA, dal nonno al padre Luigi, ingegnere che prima di essere parlamentare ed imprenditore, in gioventù era stato un buon pilota al volante di Lancia ed Alfa Romeo con svariate partecipazioni alle Mille Miglia, dove arriva a piazzarsi terzo.
In seguito la famiglia, per gestire il proprio cementificio, si trasferisce a Potenza Picena nella casa denominata Terranova, dove il piccolo Lodovico cresce tra gli affetti ed il puzzo di benzina. E’ uno che va forte fin da ragazzo, come ben sanno i lavoratori dell’azienda che lo vedono sfrecciare sulla sua “macchinina”, fatta costruire dal padre con meccanica Benelli 175 a 3 marce. Quando prende la patente, inizia a correre a livello locale con delle Fiat 500C, classificandosi primo, per poi debuttare alle Mille Miglia, nel 1956, su FIAT 100 TV modificata da De Sanctis. Da esordiente arriva primo della categoria 1.3 dopo 14 ore di guida senza sosta, ad una media di 108 km/h.
A Recanati, una persona mi ha raccontato che Lodovico si faceva preparare scarpe su misura chiedendo al calzolaio d’inserire tra suola e tomaia una placca rinforzata per patire di meno il calore ed avere maggiore resistenza.
Lodovico è stato il più grande stradista e fondista del suo tempo, un campione nelle corse in salita. Ama definirsi un pilota eclettico perché tira fuori il meglio di un’auto anche nella Formula 1 a cui ambisce per liberarsi dell’etichetta di “dilettante” che gli affibbiano per fargli pagare le origini di buona famiglia.
Nelle corse su strada, soprattutto in montagna e nei circuiti misti, le OSCA dei fratelli Maserati (Ettore, Ernesto e Bindo) sono una leggenda da battere. Nel 1947, dopo aver ceduto la loro azienda, i Maserati fondano le Officine Specializzate Costruzione Automobili per la produzione di vetture da competizione di piccola cilindrata.
Nel 1957, i Maserati creano il motore 1500 cm³ con distribuzione desmodromica e Lodovico Scarfiotti porta più volte alla vittoria l’evoluzione del successivo 2000 cm³. Una valvola della distribuzione desmodromica, nei motori a combustione interna, è comandata da un meccanismo che trasforma il tipo di moto di ritorno per evitare i fenomeni di sfarfallamento. La validità dell’invenzione si conferma nella Targa Florio, dove Lodovico si piazza davanti alle Ferrari, meno una, anche se tutte erano superiori ai 3000 cm³. Le conoscenze dei tre fratelli esaltano la tecnologia italiana, basti pensare che ancora oggi l’ OSCA 1600 GT a 4 ruote indipendenti nella versione GT2 ha un motore, se non manomesso, in grado di ricevere l’approvazione per le basse emissioni. Italians do it better, con buona pace dei tedeschi.
Con le OSCA, Scarfiotti vola di traguardo in traguardo, 12 gare vinte su 14 disputate, aggiudicandosi nuovamente, nel 1958, il campionato italiano Montagna e Velocità. La voglia di competere lo porta, nel 1962, ad un’altra purosangue: la Ferrari Dino 2000 della scuderia Sant Ambroeus con cui vince il Campionato Europeo della Montagna.
Il 21 ottobre del 1962 Scarfiotti, in coppia con Colin Davis, si piazza terzo alla 1000 km di Parigi con un esemplare one off realizzato su telaio Ferrari 250 GT Swb da Piero Drogo su disegno e progetti di Bizzarrini e Volpi. Si tratta dalla tanto discussa, stilisticamente parlando, Ferrari 250 GT Drogo, meglio nota come Breadvan o del panettiere per la particolare forma a coda tronca. La Ferrari Breadvan, rispetto alle normali 250, ha una carrozzeria in alluminio con parti del cofano in plexiglas oltre al cambio ribassato con motore 4 marce 300cv arretrato e rivisto da Bizzarrini. La ridistribuzione dei pesi assicura aerodinamica e reattività permettendo al modello di registrare sul rettilineo di Le Mans una velocità di punta di 7 km/h superiore alle 250 GTO ufficiali.
Durante le prove del Gran Premio di Reims, Lodovico slitta sul tracciato bagnato ed esce di strada, ferendosi gravemente. In ospedale pensa di abbandonare ed i giornali riprendono l’accusa di essere un figlio di papà, al contrario del collega Lorenzo Bandini. Scarfiotti non molla scontando la nascita in una famiglia dove le auto erano una passione.
Nel 1966, dopo 14 anni dal successo di Alberto Ascari, Lodovico è il terzo ed ultimo pilota italiano a vincere il Gran Premio d’Italia con una Ferrari 312 F1-66 a 12 cilindri. Il prestigio del podio lo consacra nella massima categoria, ma a Montecarlo Enzo Ferrari asseconda la gelosia di Bandini, come ricorda nel libro Piloti che gente: “Bandini… voleva sentirsi tranquillo, non voleva Scarfiotti e mi mostrò un giornale che soffiava su quella rivalità.”
Lodovico non se lo aspetta ed il gesto lo fa ripiombare nell’insicurezza di non meritarsi quella posizione. A Monaco, Bandini va fuori pista, la Ferrari s’incendia e lui muore dopo giorni di sofferenza. Al Gran Premio di Siracusa, i compagni di squadra Scarfiotti e Parkes arrivano appaiati e dedicano la vittoria al compagno.
Il 26 ottobre 1967, “Auto Italiana” pubblica la notizia che Lodovico Scarfiotti ha firmato con la Porsche. Il direttore sportivo della Ferrari, Lini, sembra sorpreso e ribadisce di non avere alcuna responsabilità nella scelta, mentre il protagonista sfoga la propria amarezza: “Pensavo di poter difendere questa vittoria (Monza 1966, ndr) nel ’67 e dare agli italiani e alla Ferrari le soddisfazioni che io stesso cercavo. Invece non mi è stata praticamente mai data la possibilità di fare nella corrente stagione un buon allenamento. A Montecarlo, malgrado vi fosse una vettura iscritta a mio nome, non sono partito, e questo vale per il restante scorcio di stagione … Sono rimasto profondamente deluso dall’essere stato praticamente costretto a lasciare la Ferrari.”
L’8 giugno 1968, a Rossfeld, Lodovico prende la sua Porsche 910, a otto cilindri e 270 cavalli e prova il tracciato che ha pendenze fino al 13%. Al secondo giro di test, la sua vettura va dritta precipitando in una scarpata e lui muore sul colpo. Nessuno assiste all’incidente, ma sull’asfalto rimangono le tracce di una lunga frenata. Perché non ha sterzato? Giorni dopo la tragedia, un giornalista sportivo riporta che Scarfiotti gli aveva detto che lui e Mitter, a Montseny (in Spagna) si sono ritrovati con gli sterzi rotti. La macchina è fatta sparire, l’inchiesta tedesca archivia il fatto come errore del pilota.
Lodovico Scarfiotti condivide con il nonno non solo il nome, ma anche una fine scomoda. Chi vuole ripercorrere la vita di questi due uomini a cavallo di un secolo rivoluzionato dall’invenzione della macchina e dell’aereo, di due guerre mondiali, con una violenta crisi economica alla quale segue il boom degli anni ’60, può leggere la biografia di Scarfiotti a cura di Paola Rivolta.
Al prossimo viaggio nella provincia italiana…Paese che vai, pilota che trovi.
Se volete vedere la Ferrari con la quale Scarfiotti e Bandini vinsero a Le Mans, non perdetevi il video e l’intervista con il collezionista che l’ha acquistata e mantenuta in perfette condizioni su YouTube.
RIPRODUZIONE RISERVATA – © SHOWTECHIES Marco Zanovello
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