Al Victoria & Albert Museum di Londra in mostra gli oggetti dell’iconica band che ha trasformato i concerti in concept show.
Alla fine degli anni sessanta si sparse la voce di un gruppo che organizzava happening nel quartiere di Notting Hill, a Londra, con diapositive psichedeliche realizzate da Joel e Tony Brown. Fu l’inizio del cambiamento negli show musicali. I Beatles si esibivano su spartani scenari, i Rolling Stones erano più grintosi, ma con gli immancabili PAR sul fondale. I Pink Floyd furono invece attratti dall’idea d’integrare diverse tecnologie nelle scenografie dei loro spettacoli.
Nei laboratori casalinghi testavano controlli luci con il suono o fari montati su tavole di legno azionati da interruttori domestici. A volte i loro esperimenti non davano i risultati sperati come quando furono allontanati dalla Queen Elisabeth Hall per aver sporcato moquette e tappezzerie con la macchina per le bolle di sapone.
Nonostante il loro manager Peter Jenner ricordi che i primi tentativi di regolare le luci con mezzi artigianali creassero “un sacco di pasticci ed errori che colpirono il pubblico”, sono accolti negli Stati Uniti come i “I re delle luci che arrivano dall’Inghilterra”. In un articolo datato 5 novembre 1967 si legge: “ L’incredibile sound dei PF, esploso in un uragano di colori, ha provocato un coinvolgimento totale del pubblico che condivideva le loro visioni e sensazioni.”
E da allora fu un crescendo di sperimentazioni fino a The Wall. Nei loro concerti hanno proposto nuvole di ghiaccio secco, un gong in fiamme, fumogeni, palle a specchio semisferiche, animazioni, razzi, strutture pneumatiche gonfiabili e centinaia di congegni. Mentre oggi si sventagliano fasci in camera banalizzando la potenza della luce, i Pink Floyd usavano l’illuminazione per squarciare l’oscurità o riflettere raggi da insolite angolazioni grazie ad elementi semi-volanti. Dietro ogni scelta c’era un’idea che coniugava musica, teatro ed elettronica.
Dal 13 maggio fino al 1 ottobre, il Victoria & Albert Museum ospita “Pink Floyd: Their Mortal Remains“, una celebrazione dedicata ad una delle band più famose al mondo che ha venduto oltre 250 milioni di dischi. Per festeggiare i 50 anni dall’album del debutto, The Piper At the Gates of Dawn, il museo offre un viaggio immersivo e multisensoriale per scoprire l’universo dei PF attraverso 350 oggetti, fra cui strumenti come la Black strato utilizzata da David Gilmour, bozzetti, fotografie, copertine ed una riproduzione dello stage impiegato nel tour originale del 1980 per The Wall.
Il percorso si sviluppa in ordine cronologico con tracce musicali e ricordi dei vari testimoni dell’epoca fra cui Roger Waters, David Gilmour, Nick Mason, Richard Wright che culminano nella Performance Zone dove i visitatori si troveranno in uno spazio audio progettato con Sennheiser AMBEO 3D, mentre il software guidePORT System abbina i vari contenuti dell’esposizione durante il giro.
Victoria Broackes ha curato l’allestimento dopo aver firmato la mostra David Bowie is servendosi dello studio di design Stufish che ha collaborato con la band nella scenografia di alcune memorabili tournée.
Info Mostra: www.pinkfloydexhibition.com
Biglietti: 20 Sterline da Lunedì a Venerdì, 24 Sterline Sabato e Domenica.
RIPRODUZIONE RISERVATA – © SHOWTECHIES – Simona Braga
Foto: STUFISH – VICTORIA AND ALBERT MUSEUM, London
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