La tecnologia è sempre servita per modificare lo spazio scenico e catturare l’attenzione dello spettatore.
Il mondo dello spettacolo è un ambito privilegiato dove sperimentare le invenzioni: dalle macchine del teatro greco e romano alle bocche dell’inferno medievali, dalle piazze alle corti, da sconosciuti inventori a Brunelleschi e Leonardo.
Le opere dei grandi drammaturgi greci del periodo d’oro del V secolo a.C. (Eschilo, Sofocle, Euripide) erano ospitate all’interno di uno spazio circolare (orkestra) alla quale si aggiunse la skené per i cambi di costume che si trasformò nel luogo che ospitava l’azione vera e propria. Intorno al 425 a.C si moltiplicarono le entrate e si sopraelevò la skené permettendo l’inserimento di strutture per le macchine sceniche.
Massimo Voghera è docente di Storia e Teoria della Scenografia e co-docente nel corso della collega Valeria Piasentà di Scenografia Teatrale, presso l’Accademia Albertina di Belle Arti di Torino.
Voghera ha lavorato come pittore scenografo, insieme alla moglie Enrica Campi, allo Stabile di Torino durante la gestione Ronconi. La Piasentà si è dedicata all’insegnamento dopo aver studiato scenografia a Brera ed aver collaborato in diverse produzioni teatrali e liriche.
Il comune interesse per la storia della scenografia li ha portati alla realizzazione di “Scena Madre”, una mostra di modelli dell’architettura scenica dal periodo greco al 1700/1800. I ragazzi dei vari corsi di laurea hanno affiancato teoria e pratica per miniaturizzare i meccanismi e renderli perfettamente funzionanti. “Scena Madre” è stata ospitata al Castello di Racconigi fino al 2 marzo 2014 ed è in attesa di un’adeguata sistemazione a Torino, nel 2015.
50 modelli di varie dimensioni raccontano la storia della scenografia. Quali sono i dispositivi più complicati?
“Uno dei più voluminosi è la montagna di Leonardo che si apre e si spacca grazia a congegni delicatissimi. Non si è sicuri che sia stata messa in scena, ma si è trovato il progetto in un foglio del Codice Arundel, conservato alla British Library di Londra. Leonardo l’aveva disegnata per l’Orfeo di Poliziano.”
Le riproduzioni partono dal teatro greco. Come siete riusciti a rifare le scene di tempi così lontani?
“Le testimonianze storiche sull’utilizzo delle macchine nel teatro greco sono molto confuse. Le fonti che ci hanno aiutato sono tre: i testi delle opere, le ricostruzioni archeologiche e l’Onomastikon di Polluce, un grammatico di origine egiziana del II secolo d.C che parla di strumenti per i voli, per il tuono, piattaforme su ruote e botole.
Gli scritti dei vari autori sono importanti per capire i movimenti in scena. Non bisogna dimenticare che il teatro greco doveva essere educativo ed i giovani seduti in prima fila non potevano assistere ad un atto violento sul palco. La morte di Agamennone era descritta da un messaggero e poi arrivava l’immagine finale con un carrello (ekkiclema) che veniva probabilmente fatto rotolare fuori dalla porta centrale, su una pedana, come una sorta di tableau vivant.”
Quali convenzioni furono introdotte per immaginare altri luoghi?
“La mekanè era una piattaforma, mossa da funi ed argani, che calava dall’alto la figura della divinità. Queste inaspettate apparizioni furono definite “Deux ex machina”, il dio che viene dalla macchina. La scena fissa costruita rappresentava sempre il palazzo reale e per suggerire un’ambientazione diversa, come un bosco o una grotta, si ricorreva a dei dipinti collocati su meccanismi a colonne girevoli a base triangolare, i Periaktoi o periatti.”
Come si modificò la scena nel periodo romano?
“I romani, grandi costruttori, innalzarono la scena a tre piani e la arricchirono di colonne e nicchie. Inoltre realizzarono il sipario romano, l’Auleum, che saliva e scendeva dal basso con un gioco di carrucole e fili. La stoffa si abbassava nella fossa in modo ordinato e si arrotolava automaticamente sotto il palco grazie ai contrappesi che facevano girare i rulli destinati ad accogliere le strisce di stoffa, una davanti ed una dietro, in modo alterno. Il sipario non era un elemento unico, ma era composto da diverse parti sovrapposte, ognuna delle quali si avvolgeva intorno al proprio cilindro. La risalita avveniva per mezzo di antenne che sostenevano il peso dal basso e la meccanica impiegata era retaggio della sapienza dei marinai e dell’ingegneria applicata alle macchine da guerra.”
Dopo il periodo di buio delle invasioni barbariche, inizia il medioevo.
“Noi attribuiamo la definizione di teatro medievale ad un fenomeno che parte dal 1000 per arrivare alla soglia del 1600. L’esempio più importante è forse la Sacra rappresentazione di Valenciennes, a fine ‘500, con i classici luoghi deputati all’azione: la casa della Madonna, il Tempio, il Palazzo di Erode, la torre del Paradiso e quella dell’Inferno. La prima macchineria che mi viene in mente, tipica di questo periodo, è la bocca dell’inferno che si apre sotto forma di bocca del dragone. Siamo quasi in epoca rinascimentale perché la tecnica è complicata.”
Si arriva così all’ingegno del Brunelleschi.
“Fu il Brunelleschi ad inventare i macchinari scenici per la rievocazione annuale dell’Annunciazione che si svolgeva in San Felice in Piazza. La manifestazione del 1439 prevedeva il volo di un angelo, sostenuto da corde, lungo tutta la navata della chiesa. Il tipo di rappresentazione continua ancora oggi nella tradizionale festa pasquale della colombina sospesa sui cavi che vola dal Duomo di Firenze al sagrato.
Il Brunelleschi progettò un allestimento composto da una parte fissa e da una mobile: una cupola rotante con otto angeli dalla quale scendeva una mandorla illuminata con un giovane che impersonava l’arcangelo Gabriele. Il gruppo di angeli ispirò forse il Botticelli per il quadro della Natività mistica e se ne conserva traccia nelle tipiche giostre natalizie.”
Con il Brunelleschi la luce entra in una macchina teatrale. Ci sono altri effetti illuminotecnici famosi?
“Con una studentessa stiamo lavorando per ricostruire il congegno del sole semovente, progettato da Aristotele da San Gallo per la messa in scena de Il Commodo di Antonio Landi. Il Vasari lo descrive come un’ampolla d’acqua con una fiaccola ed uno scudo argentato che riflette la luce. La macchina compie un moto seguendo il sole che sorge e tramonta lungo l’arco del palcoscenico.
Non bisogna scordarsi gli effetti pirotecnici, il fumo e le fiamme. C’è un diario di regia che fa sempre ridere gli studenti perché riporta, testuali parole:…chi interpreta la parte di Belial (nome di un demone, ndr) abbia tubi di polvere da sparo nei capelli, sul dorso e nel c..o.
Gli attori della commedia dell’arte erano i più esperti nel fare salti e capriole ed erano i migliori nel maneggiare la polvere da sparo per creare una gran confusione al momento più atteso del Carnevale, l’apertura della bocca dell’inferno.”
Qual è stata la messa in scena più grandiosa?
“Il più grande spettacolo del mondo è stato quello de “Il Pomo d’oro” con scene e costumi dello scenografo Lodovico Burnacini, dal 12 al 14 luglio del 1668. La festa teatrale si svolse a Vienna in occasione del matrimonio di Leopoldo I d’Austria con la principessa Margherita, infanta di Spagna.”
Chi finanziava questi enormi progetti?
“In tutta Europa esisteva una tradizione consolidata di confraternite e corporazioni di arti e mestieri che lavoravano sulla spettacolarità della città. Generalmente i gruppi più potenti, come notai ed avvocati, sovvenzionavano i carri più complicati e costosi che erano quelli del Paradiso e dell’Inferno. Questi carri erano simili a quelli che sfilano ancora oggi a Viareggio. Fino al ‘600 gli spettacoli erano finanziati da mecenati aristocratici che investivano delle fortune per festeggiare matrimoni ed occasioni speciali.”
Il Settecento impone una spending review con quali conseguenze?
“Il secolo dei lumi privilegiò il risparmio ed il teatro divenne fonte di guadagno. Nacque la figura del pittore di scena per realizzare scene piegate accuratamente e conservate per un futuro riutilizzo. Venezia fu la prima città in Italia a far pagare l’ingresso nelle sale dei teatri.”
Siamo alle soglie della grande rivoluzione illuminotecnica: prima con il gas e poi con l’elettricità, artisti con la passione per la tecnologia iniziarono a sperimentare proiezioni in piazza ed effetti cinematici sempre più sorprendenti.
RIPRODUZIONE RISERVATA – © SHOWTECHIES – Simona Braga
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