SCOPERTI NUOVI BUCHI NERI NELL’UNIVERSO PRIMORDIALE

Hubble trova luci intermittenti emesse buchi neri

Gli astronomi a caccia di luci intermittenti nel Campo Ultra Profondo di Hubble.

I buchi neri sono regioni dello spazio-tempo in cui la gravità è talmente intensa che nulla, nemmeno la luce, può sfuggirne. Questi corpi sono formati da una grande quantità di massa concentrata in uno spazio molto piccolo, il che deforma lo spazio-tempo circostante in modo estremo, come descritto dalla teoria della relatività generale di Einstein.

Quelli con masse pari a milioni o miliardi di volte quella del nostro Sole, si annidano al centro delle galassie. Alcuni, noti come nuclei galattici attivi, brillano come fari mentre divorano ciò che passa vicino, altri attraggono la materia in maniera intermittente, creando dei lampi di luce. Gli astronomi sfruttano questo comportamento per rivelarne la presenza.

Il campo ultra profondo di Hubble (HUDF Hubble Ultra Deep Field) è l’immagine di una piccola regione nella costellazione della Fornace, composta grazie ai dati raccolti dal 3 settembre 2003 al 16 gennaio 2004. Le migliaia di galassie molto distanti risalgono a pochi milioni di anni dopo il Big Bang.

Un team internazionale, guidato da scienziati del Dipartimento di Astronomia dell’Università di Stoccolma, ha utilizzato HUDF per esaminare quanti buchi neri esistessero tra una popolazione di galassie deboli, quando l’universo aveva solo una piccola percentuale dell’età attuale.

Le osservazioni iniziali sono state fotografate di nuovo da Hubble. Confrontando le esposizioni nel vicino infrarosso della Hubble Wide Field Camera 3 scattate nel 2009, 2012 e 2023, gli astronomi hanno trovato prove di buchi neri supermassicci tremolanti.

Buco nero supermassiccio trovato da Hubble

Questo ha permesso ai ricercatori di misurare variazioni nella luminosità delle galassie, un segno rivelatore della presenza di buchi neri che ha consentito d’identificarne un numero maggiore rispetto ad altri metodi.

Matthew Hayes, del Dipartimento di Astronomia dell’Università di Stoccolma ed autore principale dello studio pubblicato su The Astrophysical Journal Letters, ha sottolineato l’importanza del meccanismo di formazione dei primi buchi neri per comprendere l’evoluzione galattica.

Alice Young, dottoranda presso l’Università di Stoccolma e coautrice, ha spiegato come molti degli oggetti trovati sembrino essere più massicci di quanto si ritenesse potessero essere in epoche così remote facendo ipotizzare che si siano costituiti già massicci o siano cresciuti rapidamente.

I nuovi risultati suggeriscono che alcuni si siano probabilmente creati dal collasso di stelle massicce e primordiali durante il primo miliardo di anni dell’universo, dato che si sa che le stelle di generazioni successive sono contaminate dai resti di quelle già morte.

Con queste informazioni aggiornate, si possono perfezionare i modelli sull’origine delle galassie.

Gli astronomi stanno anche effettuando osservazioni con il James Webb Space Telescope della NASA per cercare buchi neri galattici nati subito dopo il Big Bang, per capire la loro natura e dove fossero localizzati.

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Foto: ESA – HUBBLE

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