Un evento epocale rivoluziona l’osservazione dello spazio unendo la fisica gravitazionale e quella elettromagnetica.
Giovedì 17 agosto 2017, alle 14:41:04, gli interferometri LIGO (a Hanford nello Stato di Washington) e Virgo (a Càscina vicino Pisa) captano l’onda gravitazionale GW170817 e diramano l’allerta dopo 40 minuti. Alle 14:41:06 il telescopio spaziale Fermi rileva il lampo gamma e in soli 14 secondi diffonde l’avviso mentre anche il satellite in orbita bassa Integral è raggiunto a 106.873 chilometri dalla Terra.
Il fenomeno si è originato da due stelle di neutroni, due oggetti molto compatti con una massa di enorme densità che ruotano l’uno intorno all’altro fino ad unirsi, un processo detto coalescenza, per terminare in un’esplosione. Quest’evento avvenuto circa 130 milioni d’anni fa ha prodotto un’onda gravitazionale con rilascio di una notevole quantità di energia. In seguito alle tempestive segnalazioni, gli astrofisici hanno cominciato ad orientare gli strumenti nella zona di emissione della radiazione.
Il telescopio Swope, a Las Campanas in Cile, osserva per primo un transiente, la sorgente ottica, nella galassia Ngc 4993. Subito dopo il REM (Rapid Eye Mount) dell’INAF, a La Silla in Cile, individua lo stesso transiente. In un video rilasciato da INAF Media, il dottor Stefano Covino dell’INAF di Milano ricorda come nella notte successiva si siano attivate le migliori risorse per le necessarie verifiche avvalendosi del Fors2 per misurare la polarimetria che consente di determinare quanto fosse simmetrica la sorgente analizzando anche in maniera indiretta la composizione chimica della materia sprigionata.
Una volta trovato il transiente, gli studiosi si sono accorti che la luminosità diminuiva nel tempo e quindi si è fatto ricorso allo spettroscopio X-Shooter capace di coprire dall’infrarosso all’ultravioletto. L’apparecchio montato sul Very Large Telescope dell’Eso a Paranal in Cile è stato impiegato per caratterizzare la sorgente ossia identificarla attraverso lo spettro emesso. Il team guidato da Elena Pian e da Paolo D’Avanzo, rispettivamente dell’Inaf di Bologna e di Milano, arriva prima di tutti ad acquisire le informazioni. I risultati del loro lavoro sono stati pubblicati dalla prestigiosa rivista scientifica Nature e divulgati in conferenze stampa tenute simultaneamente, lunedì 16 ottobre, negli Stati Uniti, in Germania ed in Italia, a conferma del ruolo chiave avuto dagli scienziati e dalle tecnologie del nostro paese a cui hanno contribuito l’ASI (Agenzia Spaziale Italiana), l’INAF (Istituto Nazionale di Astrofisica) e l’INFN (Istituto Nazionale di Fisica Nucleare).
I ricercatori non si attendevano che le immagini raccolte dalla dottoressa Pian avessero emissioni così brillanti ed intense. La sorpresa è stata vedere la sorgente nella gamma dell’ultravioletto. I dati erano spiegabili ricorrendo al fenomeno della Kilonova che produce un formidabile flusso di elementi pesanti distribuiti nello spazio, fra cui oro, platino, selenio, ittrio e rutenio.
Luigi Piro dell’INAF di Roma ha commentato come fosse possibile osservare un fiotto di radiazioni che raggiungeva un picco per poi decadere permettendo di attribuire a questa danza vorticosa di stelle di neutroni la creazione dei lampi di raggi gamma o GRB (Gamma-Ray Burst) di breve durata.
Nel 2015 si era avuta la conferma delle onde gravitazionali, teorizzate da Albert Einstein nella Relatività Generale del 1915, grazie allo scontro di due buchi neri rilevati dagli interferometri, ma senza immagini spettrali dato che i buchi neri sono talmente densi da non emettere luce. Ora gli scienziati hanno le “impronte digitali” caratterizzanti. E’ l’inizio di una nuova astrofisica denominata multi-messaggero in grado di ascoltare e vedere il cosmo.
Per maggiori informazioni potete consultare i siti dell’ASI e dell’INAF.
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